giovedì 30 dicembre 2010

IO STO CON LA FIOM

Non è uno sciopero come gli altri quello deciso dalla FIOM per il 28 gennaio prossimo, questo è certo. Non è in gioco una vertenza, come le tante per le quali si è lottato in anni diversi. E’ in gioco davvero un pezzo decisivo della democrazia. Si tratta di stabilire se per sopravvivere è giusto perdere diritti fondamentali e ridursi in forme di vera e propria schiavitù, o se questa aberrante prospettiva va respinta con forza e con sdegno.
Quali sono questi diritti fondamentali? In primo luogo quello di scegliere da chi essere rappresentati in una parte decisiva della nostra vita, quella che trascorriamo nei luoghi di lavoro, cioè un fondamento della democrazia rappresentativa: sei contro l’accordo, dice Marchionne, e allora non esisti.
Il diritto a sopravvivere ai ritmi di lavoro imposti dalla catena di montaggio, basta ascoltare i racconti di quelli che lo fanno da venti o trent’anni, che non sembrano proprio “fannulloni”.
Il diritto ad ammalarsi, conseguenza non rara con quei ritmi di lavoro e con le condizioni spesso presenti in fabbrica, e magari anche ad essere curati, cosa sempre più complicata nel Paese.
Il diritto a non essere presi in giro. Cito qui l’aumento di salario concordato: 360 euro lordi all’anno! Traduciamo: detratti gli oneri previdenziali e le tasse, un po’ meno di 20 euro netti al mese, neanche un caffè al giorno, a meno di consumarlo nelle macchinette che Marchionne generosamente installerà all’interno dei reparti, pausa permettendo.
Sono diritti faticosamente conquistati con decenni di lotte sindacali che la destra sta quotidianamente sbriciolando: bastava vedere il ghigno del ministro Sacconi che commentava l’accordo firmato da CISL e UIL e da un po’ di altri sindacati di comodo.
Che cosa possiamo fare, allora? Offrire ai lavoratori metalmeccanici la nostra solidarietà, parlarne con le persone che incontriamo, svelare le manovre, contrastare un’informazione di comodo che è già partita con il tam tam sugli estremisti di sinistra che vogliono distruggere la FIAT, convincere gli elettori del PD che è giusto rimandare ai mittenti le considerazioni dei vari D’Alema, Fassino e Chiamparino,
fare gruppo. Insomma, fare Politica, quella con la p maiuscola, appunto.
Da  qui al 28 gennaio c’è un mese, un mese che può essere importante per le sorti del Paese. Utilizziamolo al meglio. Magari anche condividendo questa nota.

Giuliano Giuliani

martedì 28 dicembre 2010

GIUSTIZIA?!

Ieri sera, su RAI3, Carlo Lucarelli ci ha raccontato con la consueta maestria la storia della “mala del Brenta”, una banda criminale che un abile e disinvolto individuo ha costruito negli anni con rapine, case da gioco, traffico di armi e stupefacenti, riciclaggio di denaro sporco, corruzione di appartenenti a corpi dello Stato, mettendo insieme una ricchezza enorme disseminata nelle banche di mezza Europa. Non sono mancati, ovviamente, una trentina di omicidi. La “mala” si è presto trasformata in una potente mafia del nord (il Brenta scorre nel Veneto). L’intraprendente capobanda, dopo essere stato più volte arrestato e altrettante volte evaso con la complicità di guardie compiacenti, ha saputo cogliere l’occasione offerta dalla legislazione che prevede i pentiti di mafia, e ha cominciato a raccontare molte cose, persino che una parte degli omicidi lo vedevano direttamente coinvolto e non solo mandante. I suoi racconti, così si dice, hanno agevolato la cattura di qualche centinaio di individui a vario titoli implicati nelle vicende che hanno visto terrificante autrice la banda. E così nel processo il capobanda è stato condannato a 17 anni, se non ho capito male già scontati.

La mia memoria corre sempre ai fatti del luglio 2001, e registra che nel processo di appello a carico di 25 manifestanti, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, uno di questi è stato condannato a 15 anni di galera. Si noti che l’imputazione prevedeva danneggiamenti a vetrine, automobili e bancomat.

Se non ricordo male, la legge dice che la pena deve essere finalizzata al recupero del colpevole e sempre commisurata alla gravità della colpa. Il codice fissa il minimo e il massimo per ogni reato, fatte salve le attenuanti e le aggravanti. E poi c’è la giurisdizione speciale. Ma la mia domanda è: c’è un nesso tra 17 anni per chi si è reso direttamente responsabile di numerosi omicidi, oltre a tutto il resto, e che non ha neppure restituito la montagna di denaro illecitamente accumulata, e i 15 anni comminati per danni alle cose? Intendiamoci, non giustifico le inutili bravate compiute a Genova, e che, va sempre ricordato, hanno offerto un alibi per la spietata e organizzata repressione nei confronti dei veri manifestanti; penso che siano reati e che i danni prodotti vadano risarciti, ma non offendiamo Beccaria più di tanto!

Non credo neppure che ci sia un coinvolgimento dei collegi giudicanti. A Genova, gli stessi giudici assolvono o condannano a pene lievi cadute in prescrizione una cospicua parte di quei 25, perché le loro azioni sono state “una reazione a cariche ingiustificate e violente dei reparti dei carabinieri”, un’azione di resistenza insomma. Per comminare 15 anni si sono forse limitati a una applicazione burocratica di ciò che prevede l’articolo del codice? E nel caso del capo della mafia del Brenta? Anche in quel caso, forse, i 17 anni derivano da un astruso calcolo di riduzioni successive previsto dalla legislazione speciale (uno degli amici avvocati che leggono mi aiuti a correggere eventuali errori interpretativi). Ma questo è il punto che voglio sollevare: penso che ogni legge e ogni articolo vadano applicati con una dose interpretativa che esalti il ruolo di un giudice e di un collegio giudicante, altrimenti la cosa si potrebbe risolvere a minor costo con un computer. Potrebbe essere una delle questioni da approfondire nel quadro di una riforma vera della giustizia (non quella di Alfano e di B, dunque!).

Un’ultima noterella. Se passasse la proposta leghista e berlusconiana dei giudici eletti direttamente dal popolo, nei due casi in questione avremmo avuto dieci ergastoli per il ragazzo di Genova e il Nobel per la pace per il capo della mafia del nord (bastava sentire nella trasmissione di Lucarelli i commenti di un po’ di concittadini dall’inconfondibile accento “brentiano”).

Giuliano Giuliani

lunedì 27 dicembre 2010

UN TRILEMMA

Sull’Unità di oggi Francesco Piccolo conclude il suo pezzo politico ironico così: il PD è come i bambini dell’asilo, che sono fidanzati con le bambine dell’asilo, ma le bambine non lo sanno. Alla ricerca di alleanze senza avere deciso per fare che cosa, se non un sempre più vago e generico “via B”.

Ecco, è proprio il “che fare” che continua ad essere praticamente assente dalla scena politica, e potremmo aggiungere il “per chi fare”. Anzi no: perché se si decidesse prima il “per chi fare” sarebbe più facile far discendere il che fare. Il dilemma non è estraneo neppure alla sinistra, oggi extraparlamentare soprattutto per i suoi errori e le sue debolezze. D’altra parte, nella situazione politica attuale, non si può prescindere dal “con chi fare”, altrimenti sono chiacchiere (e mi insegnava mia nonna napoletana – qui ovviamente lo traduco – che “chiacchiere e tabacchiere di legno il Banco dei pegni non le impegna”). E così il dilemma diventa un trilemma.

Allora, proviamo a dire che si vuole rinnovare la politica per rispondere alle domande poste da quel blocco sociale (è espressione persino troppo grossa quanto a ottimismo) che sembra si stia delineando: operai a rischio lavoro, precari, operatori della cultura, un po’ di artigiani e giovani studenti, universitari e delle scuole superiori. Devi aggiungerci un buon numero di pensionati (quelli attuali!), altrimenti non fai il quorum. Per rispondere alle domande di questo “blocco” il “che fare” è facile da individuare: rispetto dei diritti e della sicurezza sul lavoro; un salario adeguato; garanzie di continuità dopo una flessibilità ridotta all’osso; valorizzazione di una risorsa essenziale per l’economia del Paese, la cultura appunto; aiuti concreti, in termini di valorizzazione della qualità dei prodotti; una scuola e una università riportate all’optimum che erano riuscite a raggiungere negli anni sessanta e settanta; aumento delle pensioni minime.

Dove si trovano i soldi? Impegno davvero serio nella lotta all’evasione (si parla di qualche centinaio di miliardi di euro, l’equivalente di decine di leggi finanziarie), tracciabilità, basta condoni, pene severissime per chi evade (il mio sogno è vedere qualche ricco in galera, lo fanno perfino negli Stati Uniti!), utilizzo dei beni sequestrati alle mafie (e non restituzione come vogliono fare questi banditi al governo), riforma fiscale con aumento delle aliquote sui grandi patrimoni e sulle grandi ricchezze.  Insomma, i soldi si possono trovare, l’importante è volerlo. E qui sta il punto.

Il PD è indispensabile, nella fase attuale, per un’alternativa a B. Ma i dubbi sulla credibilità del PD fanno venire i brividi. Come puoi pensare che si oppongano alle decisioni tiranniche di Marchionne individui come Fassino, Chiamparino, per non parlare di Ichino, che è d’accordo con i deliri di Sacconi nel giudicare gli accordi separati di Torino come l’avvio di una fase nuova che “farà scuola”? Certo, è dura, ma resta la considerazione che un cambio di governo è urgente perché così il Paese peggiora la sua rovina e non possiamo permetterci di attendere tempi migliori.

Io credo che l’urgenza è mettere insieme una forza di sinistra che condizioni il PD e lo obblighi a scelte sufficientemente coerenti con quel “per chi fare”. La “sufficienza” dipende proprio dai rapporti di forza che puoi mettere in campo.

Io la penso così. E voi?


Giuliano Giuliani

venerdì 24 dicembre 2010

BOMBE A OROLOGERIA

Però, che puntualità! Troppo bella e pacifica la manifestazione degli studenti romani, e poi, quel presidente che si permette anche di riceverli e di ascoltare le loro ragioni! E così arrivano le bombe, per adesso di calibro contenuto, anche se un poveretto ci rimette le mani. Ma quello che conta è la rivendicazione. Maroni l’aveva detto: sono anarchici. E infatti la sigla è FAI, Federazione Anarchica, ma la I non sta per Italiana, è l’acronimo di “informale”, più aderente alla caratteristica del governo. L’essenziale è che i babbioni ci credano, che non si facciano illusioni sulla reale volontà distruttrice di quei ragazzacci che protestano contro la migliore delle riforme possibili (questi cialtroni berlusconiani ricopiano persino gli slogan), colgano i collegamenti che gli studenti stanno costruendo con i precari, che sono tali perché fannulloni, come dice Brunetta, e con gli operai che accampano diritti invece di “lavurà” e basta, come suggerisce il Trota! E sotto la direzione di questi pensatori il Paese affonda miseramente.

La risoluzione di un gioco enigmistico mi ha offerto una frase del Giusti che si adatta molto al fondatore del partito del predellino: “Alcuni amano tanto la libertà da volerla tutta per sé”. Ecco, un’idea di fondo intorno alla quale raccogliere le volontà è che se non c’è libertà per i più deboli non c’è per nessuno a parte il tiranno e i suoi accoliti. Guarda caso è l’idea fondante della sinistra, non dimentichiamolo.

mercoledì 22 dicembre 2010

SOLI NELLA LORO MISERIA I PALAZZI DEL POTERE!

La scritta apriva il corteo romano degli studenti: che bravi questi ragazzi! Hanno saputo cogliere un aspetto di fondo della miseria attuale di questo nostro Paese: un potere davvero miserabile, arroccato a difendere la propria indisponente e malvagia nullità, fatta di prepotenza, di incultura, di immoralità, di assenza di dignità. E quindi ancora più pericolosa, come si è visto a Palermo e Milano, non per niente le due capitali della mafia di governo e degli affari loschi.

Anche se non si può essere d’accordo con lui in ogni occasione, un plauso va al presidente Napolitano: ha invitato gli studenti a un colloquio per  conoscere direttamente da loro le loro richieste e le loro rivendicazioni. Un gesto che gli studenti hanno accolto con un sincero e grande applauso, perché è un gesto che dà dignità alle istituzioni e riconferma come dovrebbe essere la buona politica. Forse è troppo ottimistico, ma si può sperare che quel gesto sia compreso e imitato dall’opposizione parlamentare. Dalla maggioranza no, è impossibile.

Gli studenti hanno recapitato un pacco vuoto alla CGIL, perché ci metta dentro lo sciopero generale. Anche questo è un gesto intelligente. Hanno scelto l’unica grande organizzazione sindacale che è in grado di ascoltarli e hanno chiesto una decisione che ha il senso del rafforzamento di un blocco sociale da cui può nascere una svolta vera per il Paese. Un ulteriore elemento per lavorare all’unità e alla crescita di una sinistra in grado di rappresentare un punto certo per il rinnovamento del Paese.

Giuliano Giuliani

martedì 21 dicembre 2010

OCCHI APERTI, RAGAZZI!

Questa mattina ascoltavo GR Parlamento, in diretta la votazione al Senato sugli emendamenti alla cosiddetta riforma Gelmini, presiedeva Nania. Confusione in aula, pianisti di maggioranza, noiosa ripetizione regolamentare sul sostegno e l’appoggio alle richieste di voto elettronico che vanno presentate su ogni emendamento (più certo per la conta, ma anche più rischioso per il voto plurimo dei pianisti), gazzarre della destra. Insomma, un motivo in più per provare disgusto e attribuire disvalore alla istituzione. Eppure il Senato è chiamato “camera alta”, ci vuole qualche anno in più per entrarci, il suo presidente è la seconda carica dello Stato, sostituisce il Presidente della Repubblica in caso di impedimento (siccome a presiedere il Senato c’è l’ex autista Schifani un motivo in più, oltre al rispetto umano, per augurare lunga vita a Napolitano!).

La voglia passionale del vfc (abbreviazione facilmente traducibile) cresce e alimenta pericolosi qualunquismi. E invece occorre reagire con la testa e vedere il che fare. A cominciare dal costruire una alternativa allo sfascio, che può originarsi solo se riusciamo a mettere insieme una sinistra decente.

Con chi lo si può fare? Certamente a partire da ciò che si sta muovendo nel Paese: lavoratori che perdono il lavoro o che per cercare di conservarlo devono ridursi in schiavitù (con la complicità di sindacati di comodo: CISL, UIL e un po’ di autonomi); giovani e meno giovani precari a vita; artigiani e piccoli imprenditori onesti che non vogliono andare nei paesi del basso salario e che qui vedono ridursi ogni giorno le possibilità per le loro piccole e piccolissime imprese; ragazze e ragazzi che vogliono riconquistare una scuola e una università di qualità e uscire da quella schifezza alla quale vogliono condannarle questa banda di affaristi, cialtroni, servi che pretende di continuare a governare il Paese.

Affaristi, cialtroni, servi, ma anche davvero molto pericolosi. Le ultime uscite di La Russa e Gasparri (per citarne solo due) non devono essere sottovalutate. Il governo ha un capo che alle caratteristiche indicate sopra assomma una montagna di denaro, con la quale si possono fare tante cose, le peggiori: un provocatore che lancia una molotov non costa poi tanto, così non è neanche necessario ricorrere a qualche agente dei servizi che per l’occasione indossa abiti civili e cambia casco.

Non ricorro a fuorvianti parallelismi col passato (anche se non condivido affatto le becere polemiche che hanno accompagnato la lettera di Saviano), mi basta ricordare ancora una volta Genova, dove una strategia (se possiamo definirla così) è stata inaugurata, ben diversa dal passato, più aderente alle amplificazioni che i media oggi consentono. Dico soltanto ai ragazzi: state attenti, non venite meno ai vostri obiettivi. Salvate la scuola e l’università e cambiate il Paese. E diteci quello che possiamo fare per aiutarvi a realizzarli.

Giuliano Giuliani

lunedì 20 dicembre 2010

CHE ROBACCIA!

Il pizzaiolo precario che ha colpito con il casco un ragazzo quindicenne si è autodenunciato, i delinquenti in divisa da poliziotti che massacrano un ragazzo per terra calpestandolo e saltandogli addosso non lo hanno ancora fatto. D’altra parte attendo da nove anni e mezzo che si autodenunci il delinquente in divisa da carabiniere che spacca la fronte di Carlo con una pietrata dopo che è stato colpito dal proiettile, per mettere in piedi uno squallido tentativo di depistaggio (ricordate: “l’hai ucciso tu, col tuo sasso”!). Chi non si autodenuncerà mai è il fascista Gasparri, ma in questo caso basterebbe convincere un po’ di popolo stupido a non  votarli più!

mercoledì 15 dicembre 2010

Una brutta giornata

Provo a riprendere il filo.
B compra cinque voti e un astenuto e ottiene la fiducia, mentre fuori del palazzo un po’ di individui chiamati bb offrono immagini altrettanto indecenti. C’è un rapporto, al di là dell’identità delle iniziali? Sì, sicuramente di fatto. Infatti B si salva ancora dai processi che lo attendono e milioni di creduloni immaginano che gli studenti, gli abitanti di Napoli e Terzigno, i terremotati dell’Aquila, cioè le migliaia che ieri manifestavano contro le brutture del governo, siano violenti e pericolosi: comunisti, insomma, o almeno vagamente di sinistra. E’ stato così anche a Genova: trecento individui infiltrati da poliziotti e carabinieri liberi di spaccare e bruciare, e poi 26 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio (per quindici di loro, in appello, pene lievi cadute in prescrizione perché avevano reagito a cariche violente e ingiustificate dei reparti speciali dei carabinieri). Ma sono ancora in molti ad essere convinti della bufala dei manifestanti violenti. Il risultato è sempre lo stesso: le ragioni della protesta vengono ignorate e in primo piano ci sono le molotov, le mazze e i bastoni. Per ciò penso che sia una vera stupidaggine commentare gli episodi di Roma come effetto di una rabbia crescente: tutto il contrario, azioni insensate di piccoli gruppi organizzati che si assumono anche la responsabilità degli arresti di persone sulle quali ricadono anche le loro colpe (tornano persino i numeri di Genova: anche a Roma gli arresti sono confermati per 26 persone).
Ma la cronaca di martedì 14 suggerisce un’altra considerazione. Non è assolutamente sufficiente dichiararsi contro B, o chiederne le dimissioni, o esporre striscioni con la scritta “sfiduciamolo”. Non è sufficiente fare la voce grossa, anche in Parlamento, se poi si candidano persone disponibili al mercanteggio del proprio voto. E’ questo il limite dell’attuale opposizione parlamentare.
La sconfitta di B non può prescindere dalla graduale rimozione del berlusconismo, si dice spesso. Certo, ma è ancora più necessario convincersi che il berlusconismo è senza dubbio l’aspetto penoso della perdita di dignità e di cultura di un paese, ma poggia su una base di ineguaglianza sociale e di disparità di diritti. E sono proprio gli obiettivi di uguaglianza e di diritti per tutti a partire dai più deboli che possono costituire una vera alternativa a B e al suo immorale potere.
Questi obiettivi caratterizzano una politica di sinistra. Ed è la sinistra che va unita e ricostituita. E’ la sinistra che deve riconquistare una presenza in Parlamento per condizionare l’attuale opposizione e costruire una reale alternativa al berlusconismo.

Giuliano Giuliani

lunedì 13 dicembre 2010

Il dopo

Mentre scrivo queste note, in Parlamento non si è ancora votato; non si conoscono i risultati della compravendita di deputati, di quelli che la bizzarria della lingua chiama onorevoli, che sembrano garantire la sconcertante sopravvivenza di questo governo, per quanto altro tempo non è dato sapere.
C’è un interrogativo ancora più inquietante: che cosa succede dopo? Nasce intanto da un limite forte della opposizione, quello di aver puntato tutto sulla cacciata del capo del governo e aver denunciato una carenza impressionante di proposta alternativa: solo frasi di circostanza, generici riferimenti alla crisi,  nessuna indicazione concreta sul da farsi e sul come farlo. E’ questa la crisi vera della politica, che riflette anche la vera crisi della sinistra.
Eppure nel Paese c’è chi si muove, chi fa sentire la sua voce, chi protesta e indica le alternative, chi vuole difendere diritti che una volta giudicavamo inalienabili e che oggi si sono già ridotti al lumicino e stanno per esaurirsi, o riconquistare diritti che sono già stati cancellati.
Ci sono gli operai di Pomigliano, di Melfi, di Termini Imerese, di Mirafiori, di centinaia di fabbriche grandi e piccole che stanno vivendo sulla propria pelle gli effetti: delle scelte di un padronato arrogante e schiavista; della complicità di un governo che nulla ha fatto per impedirlo, anzi; della ridotta capacità di opposizione derivante dall’abiura di alcune organizzazioni sindacali rispetto al proprio mandato di difendere i lavoratori. Ci sono gli abitanti di interi territori destinati ai superguadagni delle organizzazioni criminali che vivono di rifiuti tossici, di movimento terra, di spazzatura non raccolta e non differenziata. Ci sono anche i poliziotti, ben diversi dai picchiatori di Genova, che persino sotto le finestre delle residenze private di B rivendicano la possibilità di poter esercitare la tutela della sicurezza dei cittadini, che il governo sbandiera propagandisticamente mentre di fatto taglia i fondi persino per la benzina. Ci sono i precari di ogni età ai quali il futuro, quando lo hanno, è garantito mese per mese così è ancora più facile ricattarli e sfruttarli. Ci sono gli immigrati, che lo sfruttamento se lo portano dietro da secoli di colonialismo e che oggi vengono persino offesi: svolgono i lavori più duri e pesanti, malpagati e non assicurati, e si sentono dire che ci portano via il lavoro.
Ci sono soprattutto i giovani, gli studenti, delle scuole e dell’università. A loro il futuro è stato negato. Non avranno lavoro, non avranno pensione, già adesso non hanno neppure i muri tra i quali trascorrere ore di storia, di scienze, di cultura, neppure i banchi sui quali appoggiare i gomiti se la lezione è noiosa, neppure la serenità di ringraziare il prof e la prof per gli stimoli offerti alla crescita e all’apprendimento.
Sì, meno male che ci sono anche loro, soprattutto loro, che ancora ci fanno guardare al dopo. Non dobbiamo, non possiamo lasciarli soli. Prove di unità con altri pezzi del Paese le stanno facendo. La politica, la sinistra, la politica della sinistra, cioè la Politica con la p maiuscola, deve essere capace di aiutarli, capace di farlo.
E’ questo il dopo.

Giuliano Giuliani

domenica 12 dicembre 2010

VADO VIA, RESTO

Sono stato a tenere una conferenza sul G8 al Liceo classico Pilo Albertelli di Roma. I ragazzi, splendidi, mi hanno fatto dono di queste epigrafi.

RESTO perché si mangia bene, c’è sempre il sole a riscaldarci nelle giornate storte, ogni città è un piccolo gioiello
            VADO VIA perché stiamo distruggendo anche ciò che di bello ci rimane

RESTO perché siamo stati quattro volte campioni del mondo
            VADO VIA perché negli stadi il calcio non è più un gioco

RESTO perché il 50% dei Beni Culturali del mondo si trova in Italia
            VADO VIA perché i piccioni se ne sono accorti e gli italiani no

VADO VIA perché le nostre sono solo rovine, non resti archeologici
            RESTO perché non voglio che queste rovine scompaiano definitivamente

VADO VIA perché voglio sentire notizie diverse dai soliti scandali
            RESTO perché sono masochista

RESTO perché la sanità italiana può essere una delle migliori nel mondo
            VADO VIA perché mancano le strutture ospedaliere e i macchinari adeguati

RESTO perché nel nostro paese ci sono state e ci sono ancora persone come Saviano, Impastato, Falcone e Borsellino
VADO VIA perché la società italiana ha potuto partorire persone come Riina, Sandokan e Schiavone

RESTO perché i miei coetanei all’estero studiano l’italiano per leggere Dante
            VADO VIA perché i giovani italiani hanno smesso di leggerlo

VADO VIA perché l’Italia non è un paese per giovani
            RESTO perché non voglio che diventi un paese di monumenti funebri

VADO VIA perché ogni giorno impiego un’ora e mezza per percorrere pochi chilometri
             Resto perché adoro passeggiare per i vicoli tortuosi e disordinati di Roma

VADO VIA perché questo paese non ci dà futuro
            RESTO perché il futuro di questo paese siamo noi

VADO VIA perché non sopporto più il latino e il greco
            RESTO perché non sopporto più il padano

RESTO perché la mia scuola è dedicata a un Grande
            VADO VIA perché pochi ricordano chi sia

REST perché ho bisogno dell’istruzione
            VADO VIA perché quella che ho non funziona

VADO VIA perché molti se ne vanno
            RESTO perché voi siete qui ed ora

venerdì 10 dicembre 2010

Domiciliari in villa

E’ norma di civiltà prevedere gli arresti domiciliari per persone di tarda età o di precarie condizioni di salute. Ogni norma, tuttavia, dovrebbe prevedere attuazioni compatibili con la dignità.
Mi riferisco al caso Tanzi. I molti anni di pena per avere imbrogliato e ridotto male migliaia di risparmiatori li trascorrerà, se la pena sarà confermata, ai domiciliari: cioè nella sua lussuosa villa con preziosi quadri d’autore, l’una e gli altri probabile frutto delle sue ruberie.
Proporrei un codicillo da inserire nella prossima riforma della giustizia: In casi analoghi le ville saranno utilizzate per i domiciliari delle centinaia di immigrati che, non avendo abitazione, non potranno godere dei domiciliari, mentre gli straricchi indebiti come Tanzi li trascorreranno nei monolocali ubicati nei sottoscala. Un modo per convincerci che l’uguaglianza dei diritti si può realizzare conoscendo bene gli effetti delle disuguaglianze.

Giuliano Giuliani

giovedì 9 dicembre 2010

Mercato dei maiali

Sì, maiali, tutti rigorosamente maschi, di donne per fortuna non se ne sono aggiunte. Sì, maiali, a cominciare ovviamente da chi li compra. E così è assai probabile che B otterrà la fiducia anche alla Camera. E poi? Avanti così, tanto l’acquirente di soldi ne ha, avanti fino al peggio, ce n’è sempre un altro po’, non finisce mai.
Così chi si limita a fare dell’antiberlusconismo senza preoccuparsi del dopo, cioè di costruire un’alternativa credibile e condivisa, è servito D’altra parte non era difficile pensare che affidare a Fini il compito di salvare il Paese era decisamente ottimistico e illusorio.
Un esempio classico della assoluta insufficienza dell’antiberlusconismo come unico strumento di lotta politica lo offre l’Italia dei valori: Di Pietro grida, fa la voce grossa, ma dovrebbe prima preoccuparsi di chi elegge mettendolo in lista: un po’ di maiali escono di lì, e non sono i primi, ricordiamoci di Sergio De Gregorio, il primo a mettere in difficoltà il governo Prodi passando a B. Poi ci sono, anche in presenza della legge elettorale “porcellum” quelli che pensano a liste civiche, tanto per sottrarre un po’ di voti a sinistra e favorire di fatto il peggio. E non trascuriamo le stravaganze del PD che hanno portato a scelte del tipo Calearo: i padroni delle ferriere non si smentiscono mai, chissà se Veltroni prima o poi lo capisce. Non mancano neppure i rottamatori che si incamminano con le braghe in mano sulla via di Arcore: meno male che Renzi non è ancora in parlamento, ci pensino i fiorentini a valutare bene le persone.
Intanto B non perde tempo, la cosa che assolutamente sa fare è il comodo suo. E alora, che c’è di meglio di un incontro con un gruppetto di cardinali e con il numero due del Vaticano per ingraziarsi nuovi consensi (ci sarà mica alle porte un aumento dell’8 per mille con i soldi sottratti al volontariato?!).
Meno male che ci sono gli studenti e anche un bel po’ di operai. Non mollano, stiamogli al fianco. Ma soprattutto riparliamo di politica, riparliamo di sinistra, ricostruiamo le condizioni per cacciare davvero B e per rimettere questo nostro Paese sulla strada della rinascita. Occorre resistere, basta dirlo anche una volta sola se è detto con convinzione.

Giuliano Giuliani

mercoledì 8 dicembre 2010

Rottamazione ad Arcore

Apprendo dal TG3 che il sindaco di Firenze Matteo Renzi è stato ricevuto ad Arcore. Alle incredule domande di un giornalista ha risposto che i rapporti istituzionali hanno la priorità sulle valutazioni politiche, o qualcosa del genere.
Francamente non si capisce quale urgenza potesse giustificare un incontro a sei giorni dalla augurabile defenestrazione di B, e quindi la visita può far nascere ogni sospetto. Ma assai più inqualificabili, a mio giudizio sono due aspetti della vicenda: il primo è che un sindaco serio gli incontri istituzionali li deve pretendere a Palazzo Chigi, e non nelle residenze private del premier, frequentate solo da esponenti della sua consorteria, dagli acquisti della recente campagna o da fan del lettone di Putin; il secondo è che con una visita così inattesa Renzi ha offerto all’opinione pubblica la convinzione che B sia in grado di risolvere un qualche problema.
Il sindaco di Firenze ha acquisito popolarità con la sua proposta rottamatoria, ma se questi sono i comportamenti conseguenti è forse opportuno che cominci a rottamare se stesso prima che sia troppo tardi.

lunedì 6 dicembre 2010

Sconfiggere l’astensionismo

L’affluenza alle urne è in calo continuo: se si sottraggono anche le schede bianche e quelle nulle la partecipazione reale al voto è oggi di poco superiore al 50 per cento, cioè esprime un voto soltanto un elettore su due. Superfluo aggiungere che l’astensionismo favorisce, specie in presenza della attuale legge elettorale che prevede un fortissimo premio di maggioranza, la coalizione che raccoglie il più alto consenso relativo (cioè, per chiarezza, anche se non raccoglie la maggioranza assoluta dei voti espressi, insomma il cinquanta per cento più uno), come è avvenuto anche nella consultazione elettorale del 2008.

Se si vanno a vedere i risultati disaggregati (seggio per seggio, quartiere per quartiere, zona per zona) emerge che l’astensionismo colpisce incomparabilmente di più lo schieramento di centrosinistra e soprattutto le forze politiche che si collocano alla sinistra del Partito democratico, ed è maggiore nelle zone e nei quartieri dove più consistente è l’insediamento popolare. E’ ovvio che questo astensionismo deriva principalmente dalla delusione, in molti casi persino dalla rabbia, provocata negli elettori di sinistra dalla debolezza crescente della proposta e dell’agire politico; delusione e rabbia alle quali contribuiscono non poco le continue geremiadi qualunquistiche di alcuni cosiddetti promotori del rinnovamento. Ma qui voglio proporre intanto una valutazione puramente aritmetica, per individuare quello che mi sembra un indispensabile terreno di iniziativa.

Allora, diamo un po’ di numeri. Gli aventi diritti al voto sono in Italia circa 45 milioni. Se, come detto più sopra, esprime un voto il 50% degli aventi diritti, significa che votano di fatto 22 milioni e mezzo di aventi diritto. Autorevoli sondaggi di questi giorni danno la somma delle principali forze politiche a sinistra del Partito democratico (SEL e Federazione della sinistra) intorno al 10 per cento (questo dato è sufficientemente garantito perché andrebbero aggiunte anche le frazioni decimali di altri raggruppamenti di sinistra presenti nelle consultazioni). Si tratterebbe cioè di 2 milioni e duecentocinquantamila voti. Immaginiamo di riuscire a convincere un 10% di astensionisti a smetterla di favorire la banda di B e a scegliere invece di condizionare davvero da sinistra l’opposizione del Partito democratico. Ci sarebbero altri 2 milioni e duecentocinquantamila voti che andrebbero ad aggiungersi a quelli previsti dai sondaggi, e la sinistra supererebbe il 18% dei consensi, una forza rispettabile. Basterebbe cioè che ogni votante attuale riuscisse a convincere un astenuto.

La politica non si fa con i numeri ma con le idee, sento già i fischi e i rimbrotti. Ne sono pienamente consapevole, ma è proprio quell’ultima considerazione: “basterebbe cioè che ogni votante attuale riuscisse a convincere un astenuto” a rappresentare una modalità imprescindibile oggi. Usciamo allora dai numeri per riprendere qualche voglia di militanza che una volta esisteva. D’altra parte se non fossimo capaci di farla rivivere in qualche modo, anche adattandola ai tempi dell’oggi, diventerebbe sempre più vuota la speranza di ricostruire la politica (e la sinistra) dal basso.

E’ questo il senso di quella freccia, che punta a sinistra, ma proprio dal basso verso l’alto.

domenica 5 dicembre 2010

Calendario Memoria Resistente 2011

Dalla collaborazione del Comitato Piazza Carlo Giuliani e di Reti-invisibili con dodici bravissimi fumettisti è nato il calendario Memoria Resistente 2011, che riporta mese per mese i tanti troppi delitti, le stragi, le violenze fasciste, le vittime dello Stato, quanto è accaduto in Italia da Portella della Ginestra ad oggi.
Sul sito http://www.piazzacarlogiuliani.org/ o scrivendo una mail al Comitato Piazza Carlo Giuliani (piazzacarlogiuliani@tiscali.it) si possono avere tutte le indicazioni per entrare in possesso del calendario, che è davvero interessante e utile per la memoria e quindi per la verità.
E’ opportuno segnalare se abitate a Milano, Firenze, Roma, perché sarà possibile indicare indirizzi presso i quali trovare il calendario e risparmiare quindi trafile alla posta e spese di spedizione.
Il calendario costa 8 euro e le spese di spedizione sono gratuite per ordinazioni superiori alle 5 copie.
Grazie a tutt@  per l’attenzione,
Giuliano Giuliani

sabato 4 dicembre 2010

Sinistra come?

B è stato votato dalla maggioranza degli italiani, continuano a ripetere goffamente i suoi lacchè. Nulla di più falso. Se agli aventi diritto sottraiamo astensioni, schede bianche e schede nulle, risulta che lo hanno votato meno di un terzo dei cittadini italiani maggiorenni. E l’astensione è in ulteriore crescita. Con il trend attuale le schede valide risulteranno a mala pena il cinquanta per cento. Questo è un punto decisivo da valutare per l’iniziativa politica.

Certo, l’astensionismo trova basi solide nella delusione (quasi un eufemismo!) offerta dal comportamento dei partiti, dalla mancanza di prospettive e di certezze e anche dalla proliferazione di messaggi qualunquisti (tutti uguali, nessuna differenza fra destra e sinistra, liste civiche e via blaterando). Ma occorre riflettere che l’astensionismo è più forte proprio nei ceti (una volta avremmo detto nelle classi) popolari, e colpisce quella parte dello schieramento politico che si colloca a sinistra, sia essa quella moderatissima (quasi non sinistra, come gran parte del PD), sia soprattutto quella, in oggi, extraparlamentare (non per scelta, come era una volta, ma per risultato e per effetto del “porcellum”).

Io penso che occorra ripartire da lì. Per farlo, a mio parere, occorrono alcune scelte, vorrei dire alcune precondizioni:
1)      una alternativa allo sfascio attuale e al suo principale responsabile (B e la destra) non può prescindere da una partecipazione del principale partito di opposizione, cioè il PD, a meno di non pensare a un’alternativa da realizzare nei prossimi trent’anni;
2)      il PD deve essere condizionato, vorrei dire costretto, a esercitare l’opposizione sulla base di scelte programmatiche davvero alternative, e quindi a offrire agli italiani un governo orientato al pieno rispetto della Costituzione e dei diritti dei deboli: ciò può avvenire soltanto se si costruisce una coalizione nella quale la sinistra abbia un peso significativo e, appunto, condizionante;
3)      una sinistra cosiffatta può rinascere soltanto se ciascuno rinuncia ad assumere come pregiudiziale la differenziazione ideologica e simbolica (in ogni caso, assai poco significativa oggi nella opinione diffusa, soprattutto delle giovani generazioni) per far emergere invece il rigore e la primazia dei contenuti: lavoro, cultura, diritti, solidarietà;
4)      l’elaborazione deve essere quanto è più possibile dettagliata e spiegata, comprensibile, e va misurata con la crescita di consenso che intorno ad essa va sviluppata.

Il progetto, il programma, le priorità, vanno portate a conoscenza dei cittadini con un’azione capillare di volontariato e di contatto che oggi (lo dico con rabbia e mortificazione) viene praticata in molte zone e in molti territori dai leghisti (riflettiamo sul fatto che non sono soltanto i contenuti razzisti e propagandistici a fare della Lega un partito in forte crescita, ma anche, e forse soprattutto, la capacità di stare davvero in mezzo alla gente e l’apprezzamento per un lavoro politico che appare dettato da scelta volontaria e gratuita, anche se poi sappiamo bene di quali porcherie anche i leghisti siano capaci).

Sono solo alcuni spunti iniziali, tanto per avviare un confronto e una discussione.

Una vignetta straordinaria

Il Vernacoliere di dicembre ha pubblicato una vignetta che è più eloquente di un articolo di fondo. Valutatela anche voi.