sabato 18 giugno 2011

ECCO PERCHÉ LO FANNO

Ogni tanto la soluzione di un gioco enigmistico ti propone la frase di un autore che merita di essere ricordata. È il caso di: “Chi apre la porta di una scuola chiude una prigione”.
La frase è di Victor Hugo, la Gelmini non la ha sicuramente letta ma qualcuno deve averle detto qualcosa di simile e allora… vai con i tagli, le chiusure, i precari, lo spoglio progressivo di una delle più importanti e serie istituzioni del Paese: la scuola pubblica.
Per fortuna sono in tanti ad essersene resi conto. Studenti, insegnanti,  precari e non, direttrici didattiche e presidi. E oggi fanno già parte di quel movimento informale che riempie le piazze, invade la rete, comunica e organizza, manifesta la propria indignazione. Crescente.
Una ragione in più, così si dice spesso, perché la politica si svegli e cominci a dare risposte. Ecco, io credo che anche questa frase cominci a sapere di vecchio e stantio. La politica (sottintendo LA SINISTRA!) non può pretendere, nello stato di debolezza e confusione in cui versa, di poter dare risposte. Deve saper ascoltare, aprire bene le orecchie e magari anche il cervello e il cuore. Imparare la lezione. E cominciare a fare le cose che quelli che si indignano, sempre più numerosi, chiedono e pretendono.


Come fare? Una delle grandi questioni è la insufficienza dei gruppi dirigenti. Non si deve generalizzare, non per buona educazione o buon gusto, ma per ragionevolezza e obiettività. In ogni caso deriva dalla somma di responsabilità individuali e collettive, dall’uso personale del potere (parliamo sempre di un potere ridotto), dalla smania di rappresentatività. Ma a questa responsabilità non possono sottrarsi tanti di noi che ci siamo ritirati nell’angolo ad esprimere lamenti invece di condurre le giuste battaglie politiche all’insegna della partecipazione. Continua a non convincermi l’idea che la partecipazione sia quasi del tutto scomparsa perché nessuno te la chiedeva. No, se non abbiamo più partecipato è perché quel modo subalterno e la pigrizia alla fine ci stavano bene.
Adesso l’esempio e l’impegno ci sono. Non ci resta che raccoglierli e farli nostri.
Ce la si può fare!

mercoledì 15 giugno 2011

E ADESSO AVANTI, A SINISTRA!

Un risultato davvero grande, fatto di tantissimi piccoli impegni personali diffusi in tutto il Paese, nelle piazze, sulla rete, nei blog. Un’Italia ringiovanita, con tanti giovani che portavano i vecchi e i meno giovani a votare.
Una vittoria della dignità e della riflessione. Della voglia di pulizia e di sicurezza, quella vera, al riparo delle radiazioni e delle scorie. Una voglia di preservare i beni essenziali, intanto l’acqua.
Una rivalutazione del voto come strumento insostituibile in una democrazia e come diritto-dovere di ogni cittadino che voglia definirsi tale. Non è certo un caso che allo straordinario risultato dei referendum (ma anche prima, nei ballottaggi) abbia contribuito un ritorno all’esercizio del voto di tanti cittadini che in precedenza avevano preferito astenersi, con una valutazione che, da vecchio militante del PCI, ritengo in ogni caso del tutto sbagliata e controproducente.
Una sconfitta del governo e della destra, altro che storie. Bastava guardare, stomaco permettendo, le facce di Cicchitto e La Russa!


Bene, davvero. E adesso?
Adesso occorre proseguire sulla strada segnata da queste ultime settimane. Nelle piazze, sulla rete, nei blog. Con la saggezza dimostrata. Per guardare con fiducia al prossimo indispensabile risultato: la cacciata del malato e della sua corte. Come fare?
Io credo che occorra fare una sforzo di realismo. Gli esiti delle elezioni amministrative, sostanzialmente identici su tutto il territorio nazionale (e anche, in buona sostanza, la partecipazione al voto referendario), hanno dimostrato che l’alleanza di centrosinistra ha ancora le sue potenzialità per il governo del Paese. Prova ne sia che la parte peggiore e più pericolosa del PD (leggi D’Alema e altri) hanno risposto subito con strizzatine d’occhio al terzo polo e in particolare a Casini (ben altra cosa, credo, è la nomina a Milano di Tabacci, una delle pochissime persone rispettabili del centro). Insomma, si è confermato il modello Prodi depurato delle porcherie mastelliane. Si conferma cioè, se non vogliamo che il Paese attenda almeno mezzo secolo per costruire l’alternativa alla destra, che il PD è essenziale per il governo. La questione diventa allora come condizionare il PD, come costringerlo a scelte che vadano nella direzione di riaffermare i diritti del lavoro, dei giovani e degli strati più deboli della popolazione. Come condizionarlo, cioè, da sinistra.
Per ottenere questo decisivo risultato io credo sia necessario unire ciò che si muove a sinistra, e prima ancora arrestare quel processo di cupio dissolvi  che caratterizza da tempo la sinistra italiana, molto spesso sulla spinta dei peggiori e più squallidi personalismi leaderistici. E unire avendo presente che non basta più la riproposizione, quasi sempre ormai stanca e ripetitiva, di slogan che rischiano di perdere persino la loro legittimità ideale se usati pigramente solo in funzione identitaria. Occorre guardare ai programmi, agli obiettivi. Al valore, alla dignità e alla sicurezza del lavoro. Ai diritti sindacali (come si fa a sopportare un Bonanni che decide per la CISL la costituzione di parte civile contro la CGIL!).  Al ripristino di condizioni meno tragicamente folli nella distribuzione della ricchezza.. Alla garanzia dell’istruzione pubblica, del diritto alla cultura, alla sanità, ai servizi essenziali. All’utilizzo della leva fiscale per reperire le risorse necessarie (altro che tre aliquote, come straparla il superministro dell’economia; basterebbero una patrimoniale del 5 per cento sulle grandi ricchezze e la tassazione delle rendite finanziarie come ogni altro reddito da lavoro o da impresa per coprire le manovre taglia e cuci da qui al 2020!).
Difficile da farsi? Anche raggiungere il quorum sembrava impresa impossibile. Eppure…