domenica 4 dicembre 2011

MEGLIO IL MARE


Grazie a RAI NEWS abbiamo conosciuto in diretta i punti della manovra di Monti e la conferma che è proprio necessario CAMBIARE PROGRAMMA. Ma non nel senso di non guardare martedì quella schifezza di P a P.
La manovra del governo di salvezza nazionale è proprio indigeribile. Perché? Perché l’equità più volte ricordata come uno dei fondamentali principi ispiratori della manovra non c’è affatto. I ricchi non pagano, persino quell’uno e mezzo per cento di tassa aggiuntiva sui furti di danaro all’estero che B e il suo ministro avevano graziato con lo scudo è insignificante rispetto alla mannaia che si abbatte su milioni di pensionati con la deindicizzazione delle pensioni: salvano quelle sotto i 960 euro lordi mensili, come se quelli che stanno un po’ sopra possano considerarsi benestanti. C’è stata persino la cerimonia delle lacrime del ministro mentre annunciava la misura accreditandola col termine di “sacrificio”. Una misura oscena che ha assunto le pensioni, presenti e future, come fonte per fare cassa. Una scelta vergognosa. 

Le tasse sulla casa hanno uno squilibrio molto forte, perché è imparagonabile la condizione di reddito fra chi ha soltanto la casa dove vive (per molti ancora sotto mutuo) e chi di case ne ha diverse. È la rinuncia a una vera patrimoniale che, quella sì, avrebbe potuto introdurre qualche riequilibrio nel senso dell’equità.
La lotta all’evasione si riduce a una tracciabilità sopra i mille euro, non proprio la spesa dal panettiere o dal lattaio. Poca cosa la estensione dell’imposta di bollo sulle transizioni finanziarie. Nulla invece sulla assimilazione ai redditi da lavoro di tutte le altre fonti di reddito, e in primo luogo di quelle finanziarie, che restano tassate al 12,5%. E pura fantasia l’aumento ventilato delle aliquote IRPEF sui redditi oltre i 75.000 euro (non proprio una pensione minima!). La destra non lo permetteva. Domanda: perché il centro-sinistra dovrebbe permettere tutto il resto?
Ma la cosa più indisponente della presentazione è stata la farsa sulla riduzione delle spese della politica, compresa la dichiarazione di Monti sulla rinuncia all’assegno del premier, visto che, ai suoi redditi, si è aggiunto lo stipendio da senatore. Come dire: guardate come siamo bravi, non siamo politici, siamo solo tecnici. E i gonzi ci cascano. E adesso tutti parlano della riduzione dei costi della politica perché nella manovra ci sarebbe anche la riduzione a 10 del numero dei consiglieri provinciali (per altro già contestata come anticostituzionale dall’Unione delle Provincie). Un’altra bufala. Cento provincie in Italia, significherebbe ridurre il numero complessivo dei consiglieri di circa duemila unità. Se anche lo stipendio fosse di 100.000 euro annui ci sarebbe un risparmio di duecento milioni di euro all’anno. Ridicolo rispetto ai 30 miliardi aggiuntivi della manovra.
Insomma, propaganda pura. Si direbbe molto politica, per stare al tema, e per niente tecnica. Chissà se lo si capisce!

sabato 3 dicembre 2011

CAMBIARE PROGRAMMA


Ho partecipato recentemente a un dibattito sulla repressione, con particolare riferimento al luglio genovese del 2001 e al recente 15 ottobre romano. Fra gli intervenuti, un anziano partecipante (un mio coetaneo, insomma) ha sostenuto che è del tutto legittimo spaccare vetrine e bancomat, che il più grave errore del movimento è stata la scelta della non-violenza e che i cosiddetti black bloc sono una avanguardia. Non ho avuto difficoltà ad osservare che mi sarebbe stato difficile e complicato, proprio con riferimento ai fatti di Genova e di Roma, accettare un carabiniere e un poliziotto vestiti di nero come avanguardie del movimento del quale intendo continuare a far parte.
Passando a cose più serie, la discussione si è sviluppata intorno alle vicende politiche. Riporto qui alcune osservazioni che mi è parso necessario fare.
La prima. E’ sufficientemente condivisa la constatazione della gravità della situazione presente e dei rischi che si corrono. Forse non altrettanto la valutazione di un dato storico: dopo la rivoluzione d’ottobre, le grandi e gravi crisi economiche che hanno travagliato le diverse società hanno sempre determinato una svolta a destra, nei casi più terrificanti col fascismo in Italia e il nazismo in Germania. Soltanto una volta l’uscita dalla crisi è avvenuta “a sinistra”, negli Stati Uniti con Roosevelt dopo la crisi del ’29.


La seconda. Si dice spesso che i sondaggi non contano. Lo trovo sbagliato e incongruo. Un esempio convincente? Se B non avesse avuto la certezza, proprio attraverso i sondaggi, della sua sconfitta lacerante in caso di elezioni anticipate, non avrebbe compiuto il “gesto generoso”, come i suoi lecchini si ostinano a dire. I sondaggi sono ormai condotti con metodi scientifici e rappresentano la realtà. Mi chiedo allora come sia possibile che, nonostante le indiscrezioni sulla durezza a senso unico (traduco: sempre i soliti) delle manovre annunciate da Monti, il professore continui ad avere la piena fiducia di una grande maggioranza di cittadini italiani (fra i quali ci sono anche parecchi di quelli che decidono di non votare alle prossime elezioni). La risposta che mi do è una sola: la fiducia viene innanzi tutto dalla considerazione che lì in mezzo non ci sono “politici” (poi, come sappiamo, il dato è enfatizzato). Cioè sono il ribrezzo e lo schifo per la politica, tanto diffusi fra i cittadini, che determinano la fiducia per coloro che sono considerati (ripeto con un eccesso di enfasi) tecnici, e quindi non-politici a prescindere, direbbe Totò. Una fiducia che deriva dalla diffusione dell’antipolitica, alla quale molti portano acqua, a cominciare dal grillismo.
La terza. Per quanto possa apparire esagerato, soprattutto a chi continua ad avere stimoli e convinzioni sulla necessità della politica, questo schifo e questo ribrezzo diffusi hanno purtroppo fondamento nella situazione drammatica in cui la politica versa, ma rappresentano anche il dato da cui partire. Il rinnovamento, la questione morale, la modestia, la linearità dei comportamenti non possono essere opzioni, ma devono essere assunte come condizioni essenziali per la scelta (a tempo e non continuamente rinnovabile) dei gruppi dirigenti. E i programmi, i contenuti, le scelte da fare nell’immediato, le priorità, la credibile fattibilità, devono essere enunciati, discussi e spiegati nei dettagli, ed avere l’assoluta priorità sulle declamazioni ideologiche e simboliche.
Esiste una possibilità immediata per cercare di mettere in atto questo terzo assunto: il giudizio da dare (e come esprimerlo) sulle misure che il governo Monti porterà finalmente a conoscenza dei cittadini, dopo averlo illustrato ai suoi colleghi europei e ai responsabili della finanza mondiale (a quella nostrana ci hanno pensato, per consanguineità, alcuni ministri e sottosegretari, raccogliendo anzi preziosi suggerimenti). Troppe voci, spesso persino contrastanti, troppe indiscrezioni sfuggite alla sobrietà hanno finito col confondere giudizi di merito che in questa situazione dovrebbero avere l’assoluta priorità.
Su una cosa mi pare necessario prendere posizione subito. E ritenere indecorosa la scelta compiuta dal professore di andare ad illustrare il programma nello studio televisivo dell’insetto, anche se ha dovuto rassicurare che ciò avverrà dopo la frettolosa presentazione in Parlamento. Non riesco ad immaginare il plastico sobrio del sobrio programma che il sobrio professore presenterà. Ma certamente non mi curerò di sanare questa curiosità. Da qui l’invito rivolto a tutti, per quella sera: CAMBIARE PROGRAMMA!
È assai probabile che debba valere anche dopo, riferendosi a ben altri programmi; per questo occorre, appunto, una politica diversa da quella che ha fatto apprezzare l’arrivo dei banchieri al governo (come non bastasse già la loro invasiva presenza nell’economia finanziarizzata, prima causa della grave crisi economica). Ma, come scriveva Robespierre in epoca non sospetta: “E’ nella natura delle cose che la marcia della ragione sia lentamente progressiva. Il governo peggiore trova un appoggio potente nei pregiudizi, nelle abitudini, nell’educazione dei popoli. Lo stesso dispotismo deprava lo spirito degli uomini fino a farsi adorare e fino a rendere la libertà sospetta e terrificante a prima vista”.