domenica 20 novembre 2011

CHI PAGA E CHI NO


Ne “Le lotte di classe in Francia” Marx scrive: “Si dovette ricorrere ad un mezzo eroico, all’introduzione di una nuova imposta. Ma su chi farla cadere? Sui lupi della Borsa, sui re della banca, sui creditori dello Stato, su chi viveva di rendita, sugli industriali? Non era il mezzo di cattivare alla repubblica la borghesia. Ma qualcuno doveva sborsare. Chi venne sacrificato al credito borghese? Jacques le bonhomme, il contadino.”
C’è solo da cambiare “contadino” (allora lo era la gran parte della popolazione) con operaio, impiegato, precario, ricercatore, piccolo esercente, pensionato; tutto il resto di quello scritto, centosessant’anni dopo, è valido rispetto alle scelte che il “governo di salvezza nazionale” si appresta a mettere in atto.


Dopo il passo indietro, costato a Benigni una lussazione al ginocchio, il cialtrone ha corretto la frase: si stacca la spina solo se a Monti venisse in mente di introdurre una patrimoniale seria. Infatti non ci pensa neanche. Meglio reintrodurre l’ICI sulla prima casa. E qui si capisce perché B possa essere d’accordo: gli basta prendere residenza in un monolocale della Brianza e non la paga né su Arcore né su villa Certosa, né su tutto il resto che costituisce il suo patrimonio stimato in 7 miliardi di euro (così è stato calcolato). Ma questo vale per tutti, anche per quelli con patrimoni inferiori: è il risultato della “ICI sulla prima casa”, che è una vera boiata. La cosa giusta sarebbe esentare dall’ICI l’unica casa di proprietà, con l’eccezione delle abitazioni di lusso, ed estenderla invece a tutte le proprietà immobiliari possedute. Ma questa sarebbe, appunto, una patrimoniale! Tassando la prima casa si colpiscono tutti quelli che di case ne posseggono una soltanto, nella gran parte dei casi pagata con sudore e sangue, cioè la stragrande maggioranza dei proprietari di casa.
Discorso analogo vale per l’ulteriore aumento dell’IVA. A un ricco non preoccupa molto di aumentare dell’uno per cento il costo di un bene di lusso. Prendiamo ad esempio il coordinatore del predellino (quello che assoldava a botte di milioni di euro qualche sporcaccione perché votasse la fiducia alla Camera), che risulta proprietario di una Maybach da 500.000 euro: pensiamo possa essere in allarme se la prossima dovesse costargli, si fa per dire, 505.000 euro? Invece al pensionato al minimo graveranno i centesimi che dovrà pagare in più al giorno per la sua dieta di pane e latte.
Eppure il professore aveva più volte ripetuto: equità, faremo pagare chi non lo ha fatto. Da quello che si capisce si ha l’impressione che siano parole vuote. Vedremo.
La forza del nuovo governo non sta nella larga maggioranza che lo ha eletto ma in un ricatto terribile: se cade si vota con il Porcellum, cosa che rende ardua, o addirittura suicida, la richiesta di elezioni subito, come chiede la Lega e come purtroppo chiede anche una parte della sinistra oggi extraparlamentare. Se poi aggiungiamo la mancanza di programmi certi e le grandi manovre su eventuali alleanze, la cosa si complica. Ne riparliamo a breve.

domenica 13 novembre 2011

SARÀ DURA

Sarà dura. Perché non si chiude una parentesi. Perché non è durata soltanto diciassette anni. I guasti sono cominciati prima, 4 agosto 1983: Craxi diventa presidente del consiglio. E cominciano i guai: Sacconi e Brunetta, tanto per fare dei nomi, provengono da lì. E anche B viene da lì, dalla fervida amicizia, dalle tangenti in cambio delle frequenze, dal potere mediatico. Allora si tratta di quasi un trentennio. Mussolini era durato meno, diciotto anni, più i due da repubblichino; anche se qualche fascista, a sentire i complimenti tra ministri, ha tenuto banco e poltrona fino a qualche ora fa.
Sarà dura. Perché lo sfascio prodotto da questi trent’anni è profondo. Hanno scavato nelle coscienze, indebolito di molto le difese morali, umiliato le risorse culturali, il “grande fratello”, la “isola dei famosi” e la “prova del cuoco” hanno arato il terreno sul quale sproloquiano i Minzolini i Ferrara e i Vespa, gli Scilipoti si proclamano “responsabili” e i Paniz inneggiano alle nipoti di ex capi di stato.
Sarà dura. Perché la finanziarizzazione dell’economia, l’idolatria del danaro, la santità del mercato hanno distrutto il valore del lavoro, al punto che non sarebbe male (chiedo scusa per il paradosso) cercare di tornare al capitalismo per ripristinare il pieno valore della lotta di classe! Oggi, a livello della managerialità più alta e più sfacciata, non conta quello che si produce ma solo il valore dell’azione (anche per via delle stock option): il risultato sono centinaia di migliaia di lavoratori sul lastrico.


Sarà dura. Perché ci terrorizzano con gli indici di borsa (lo spread è un’altra cosa, lì ci sono soldi veri da tirar fuori), e a nessuno viene in mente di ricordare che rispetto ai minimi del 2009-2010, quasi tutti i titoli sono in netto vantaggio, con percentuali di aumento di valore ben più alte dei salari e delle pensioni, che non hanno recuperato neppure la reale perdita del potere d’acquisto.
Sarà dura. Perché a qualcuno veniva in mente di fare ministri Amato e Dini, come se non avessero già fatto abbastanza danni. Certo, con Amato agli Interni i vertici dei servizi condannati per la macelleria messicana alla Diaz avrebbero goduto di qualche prestigioso incarico, come già successo a De Gennaro durante gli ultimi mesi del governo Prodi, quando appunto al Viminale sedeva l’imperturbabile Amato (che nei governi Craxi era sottosegretario alla presidenza del consiglio, un Gianni Letta ante litteram, insomma).
Eppure occorre guardare avanti. Ci sono gli “angeli del fango” di Genova, una quantità di giovani che hanno speso energie e cuore per aiutare gli alluvionati; ci sono gli studenti che reclamano di poter studiare, i precari che rivendicano il diritto a un lavoro meno insultante, lavoratori che difendono le fabbriche che li sfruttano perché il lavoro torni ad essere comunque un valore. E insieme a queste persone che occorre ricostruire la politica, la bella Politica con la iniziale maiuscola. E’ l’unico modo per costringere il governo Monti, se davvero lo mettono in piedi, a correggere in senso equo la manovra (introducendo innanzi tutto la patrimoniale sulle ricchezze) e dare poi la parola ai cittadini. Con l’assoluta necessità di una nuova legge elettorale, per la quale si raccolsero poco tempo fa ben più di un milione di firme.
Solo così si potrà cominciare a restituire ai craxo-berluscones il gesto che hanno sempre rivolto ai ceti popolari, così ben interpretato da Sordi ne I vitelloni!