Di questi tempi sono poche le
occasioni nelle quali sembra di vivere in un Paese normale. Questa è davvero
una di quelle: la Cassazione ha confermato la sentenza d’appello per la
macelleria e gli imbrogli praticati alla scuola Diaz la sera del 21 luglio
2001. Nessuno andrà in galera (non sono mica immigrati o tossici), godranno
tutti delle porcherie legislative (tempi e prescrizioni) introdotte dalla maggioranza
berlusconiana a tutto vantaggio del suo capo. Ma la conferma avrà una
conseguenza significativa: i massimi responsabili (divenuti tali perché
addirittura promossi in questi anni) dei più importanti servizi nazionali della
polizia saranno esclusi per cinque anni dalle loro funzioni. Insomma, sembra
che, per questa volta, Roma stia nelle vicinanze di Berlino!
Certo, una sentenza non risolve
tutti i gravi problemi che i tragici avvenimenti del luglio genovese hanno
sollevato, e che sono in gran parte rimasti senza risposta. E’ persino ovvio
che io rivolga il mio pensiero all’omicidio di Carlo, restato persino senza un
processo a causa di una indecorosa archiviazione che assunse l’imbroglio dello
sparo per aria e della deviazione del proiettile da parte di un calcinaccio (sì
un imbroglio indecoroso, perché i magistrati che chiesero e decisero
l’archiviazione non si curarono neppure di vedere il filmato che mostra la
pistola assolutamente parallela al suolo e puntata in direzione di Carlo). E’
persino ovvio che faremo tutto quello che l’ordinamento prevede per ottenere
almeno un dibattimento pubblico per dimostrare quale è la verità che
l’archiviazione si è proposta di cancellare.
Ma ci sono anche problemi di
carattere generale che dovrebbero trovare risposte convincenti. C’è stato un
degrado nella conduzione dell’ordine pubblico, che ha assunto sempre più
soltanto la risposta repressiva dimenticando del tutto la funzione preventiva e
dissuasiva. E ciò ha contribuito a creare in reparti delle forze dell’ordine
una aberrante tendenza all’abuso della forza sostenuto dalla convinzione,
continuamente affermata, della impunità. Si è tornati molto indietro rispetto
alla grande riforma dell’81. Può contribuire a questo stato di cose il fatto
che, in operazioni di ordine pubblico, è costantemente impiegata una forza
militare. Tale infatti è l’arma dei carabinieri, dopo l’incredibile nomina
dalemiana a quarta forza armata. Che in ordine pubblico dovrebbe agire sempre
sotto la guida di un funzionario di PS, cosa che spesso non succede (come è
accaduto in diverse circostanze a Genova, ad esempio).
E c’è la questione generale del
principio di responsabilità. Testi classici, autorevoli commentatori, lessici
disciplinari sollecitano a pensare che la responsabilità stia sempre in alto e
che dall’alto, per li rivoli, discenda verso il basso. Quando mi chiedono a chi
attribuisco la responsabilità dell’omicidio di Carlo indico nell’ordine: Fini,
che dirigeva politicamente l’operazione, il capo della polizia, gli ufficiali
presenti in piazza Alimonda e da ultimo (ammesso che sia stato davvero lui a
sparare) il giovane carabiniere (peraltro rinviato a giudizio qualche giorno fa
per violenze sessuali su una ragazzina). Con questa regola, uno dei principali
responsabili di quanto accaduto a Genova non può non essere Gianni De Gennaro.
Nel pomeriggio di sabato 21 luglio arrivò a Genova il prefetto La Barbera,
numero due della polizia, che esautorò di fatto tutto lo staff e diresse
personalmente l’operazione Diaz (quando si rese conto di quanto stava
accadendo, prese una macchina e andò via precipitosamente, forse per evitare
che il suo grande curriculum di poliziotto antimafia potesse essere macchiato).
La Barbera morì l’anno successivo, e quindi non potè partecipare alle udienze
delle varie fasi del processo. Ma è pensabile che il capo della polizia non
sapesse che cosa veniva a fare a Genova il suo numero due? Che non fosse
dell’avviso che si dovesse recuperare un po’ di credibilità dopo lo sfacelo
nella conduzione dell’ordine pubblico e che quindi si dovessero arrestare (dopo
averli massacrati) quei 93 terribili organizzatori dei disastri che dormivano
nella scuola? Che non si dovesse recuperare lo choc procurato dall’omicidio di
Carlo? De Gennaro è stato di recente assolto in Cassazione dopo la condanna in
Appello per l’accusa di concussione che avrebbe operato nei confronti di un
questore perché testimoniasse a suo favore (“il capo non sapeva niente”). Ha
avuto promozioni successive, prima direttore del ministero degli interni, poi
capo di tutti i servizi segreti unificati. L’ultima, quanto meno singolare: Monti
lo ha nominato (mi permetterei di aggiungere, inopinatamente) sottosegretario
agli interni. Fra i suoi compiti ci sarà anche quello di proporre, o nominare,
chi dovrà sostituire gli interdetti. Non è un compito da poco!
Fra qualche giorno la Cassazione
si occuperà del processo a venticinque manifestanti, di fatto una decina, dal
momento che l’appello ha assolto o risolto con pene minime cadute in
prescrizione (per una volta a vantaggio dei deboli, quindi) le accuse degli
altri (e la motivazione è stata che avevano risposto a cariche violente,
indiscriminate e immotivate dei reparti dei carabinieri). L’accusa è pesante:
associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio
(codice Rocco). Pesantissime le condanne, uno di essi addirittura a quindici
anni (una pena che da noi si commina raramente per un omicidio). Mi auguro che
la Cassazione attenui molto le condanne e soprattutto elimini quell’accusa
insostenibile, fino al rischio del ridicolo: dieci manifestanti responsabili di
tutto quello che è successo a Genova nel 2001!
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