La CGIA di
Mestre è considerata una struttura che sa far di conto e quindi prendiamo per
buoni i suoi dati. In aprile ha pubblicato una interessante tabella per
illustrare le ricadute dell’aumento di un punto dell’IVA. I dati apparvero
sulla stampa per qualche giorno poi scomparvero, quando il tono politico
cominciò a essere quello della “mannaia calata sulle teste degli italiani”, di
un “ulteriore aggravio della recessione”, di una“manovra che colpisce ancora di
più la crescita”. Perché? Perché i dati confermavano un’altra storia e
dimostravano che erano ben altre le scelte e le decisioni che colpivano gli
italiani, e in particolare quelli più deboli. Dei quali le scelte di governo si
occupano solo verbalmente, per convenienza, e mai sul serio.
E allora
guardiamo i dati della tabella della CGIA e commentiamoli.
Prima
questione. L’aumento di un punto comporterebbe un aggravio di 103 euro su base
annua (8,58 al mese) per una famiglia di 4 persone in grado di spendere 31.278
euro nel corso dell’anno. Documenta la CGIA che per una famiglia di 3 persone
l’aggravio annuo sarebbe invece di 88 euro (7,33 al mese), con una capacità di
spesa ovviamente ridotta. E’ interessante vedere come la CGIA ha individuato i
settori di spesa della famiglia di 4 persone, ricordandone i principali. Ci
sono ad esempio 7.400 euro di spesa alimentare, per i quali l’incremento annuo
dell’IVA sarebbe di soli 2 euro (occorre ricordare che i prodotti fondamentali,
pane pasta riso latte verdure, hanno l’IVA al 4%, carne pesce formaggi al 10%,
ma per questi non è previsto nessun aumento; un prodotto colpito sarebbe lo
spumante, ma è difficile considerarlo un bene primario, e in ogni caso la CGIA
prevede che quella famiglia ne faccia un moderato consumo dal momento che prevede
una maggiorazione su base annua di 2 euro!). Altri 2500 euro per abbigliamento,
2000 per i mobili, 1770 per il tempo libero la cultura e i giochi, 4300 per non
meglio identificati beni e servizi, 729 per comunicazioni (accidenti ai
telefonini!) e ben 6358 per i trasporti (sarebbe il caso che in quella famiglia
si facessero qualche abbonamento).
Ma la cosa
strabiliante è che i 103 euro di aggravio sono calcolati per una famiglia in
grado di spendere più di 31 mila euro, quindi netti. Non viene in mente a
nessuno di comparare questo dato con le dichiarazioni dei redditi? Per avere un
netto di 31 mila euro il reddito lordo deve essere di 45.000 euro. Ebbene: la
metà dei contribuenti italiani denuncia un reddito inferiore a 15.723 euro; il
reddito medio per tutti i contribuenti è pari a 19.655 euro; quello dei
lavoratori dipendenti è pari a 20.020 euro; quello dei pensionati a 15.520.
Naturalmente, quello degli imprenditori è pari a 18.884, perché, come è noto,
un padrone guadagna meno di un operaio che lavora per lui!
Allora, per
famiglie normali, anche se lavorano in due, il reddito disponibile per la spesa
è molto inferiore a quello sul quale la CGIA ha impostato i suoi calcoli, per
altro giusti. Ed essendo inferiore, è persino ovvio che le riduzioni di spesa
riguardino mobilia, abbigliamento, generici beni e servizi, cultura
(purtroppo!) e trasporti (meglio abbonamenti e a piedi, quando è possibile!).
Non riducendo le spese alimentari, per le quali l’aumento è come detto
assolutamente ininfluente, si può dedurre che per una delle tante famiglie
“normali” l’incidenza dell’aumento dell’IVA è pressoché prossimo allo zero o al
più si riduce a qualche centesimo di euro al mese. E allora? La mannaia, la
crescita colpita, la recessione? Tutte balle, tutto fumo negli occhi, pure
campagne elettorali di queste bande farneticanti che pretendono di governarci.
Il problema è che l’IVA sullo yacht e sulla Ferrari con l’aumento di un punto
produrrà un aggravio di 10, 20 mila euro, e a quei maiali che si devono
comprare lo yacht e la Ferrari dispiace! I consumi diminuiscono perché aumenta
la povertà, perché aumentano disoccupati, precari, esodati, perché crescono le
preoccupazioni e le angosce per il futuro. Ma di questo le caste non si
occupano.
Basta vedere
che fra le proposte per recuperare il gettito del punto in più di IVA (2
miliardi nei prossimi sei mesi, 4 e qualcosa il prossimo anno) c’è anche quella
di aumentare le accise sulla benzina. Sono anche dei veri idioti: l’aumento del
costo della benzina è stata una delle concause della riduzione degli acquisti
di carburante (non male rispetto all’inquinamento, ma comunque un segnale di
restringimento del reddito), e il calo del gettito fiscale proveniente dalle
vendite è stato più alto del guadagno previsto con l’aumento delle accise!
Alla prossima.