lunedì 13 dicembre 2010

Il dopo

Mentre scrivo queste note, in Parlamento non si è ancora votato; non si conoscono i risultati della compravendita di deputati, di quelli che la bizzarria della lingua chiama onorevoli, che sembrano garantire la sconcertante sopravvivenza di questo governo, per quanto altro tempo non è dato sapere.
C’è un interrogativo ancora più inquietante: che cosa succede dopo? Nasce intanto da un limite forte della opposizione, quello di aver puntato tutto sulla cacciata del capo del governo e aver denunciato una carenza impressionante di proposta alternativa: solo frasi di circostanza, generici riferimenti alla crisi,  nessuna indicazione concreta sul da farsi e sul come farlo. E’ questa la crisi vera della politica, che riflette anche la vera crisi della sinistra.
Eppure nel Paese c’è chi si muove, chi fa sentire la sua voce, chi protesta e indica le alternative, chi vuole difendere diritti che una volta giudicavamo inalienabili e che oggi si sono già ridotti al lumicino e stanno per esaurirsi, o riconquistare diritti che sono già stati cancellati.
Ci sono gli operai di Pomigliano, di Melfi, di Termini Imerese, di Mirafiori, di centinaia di fabbriche grandi e piccole che stanno vivendo sulla propria pelle gli effetti: delle scelte di un padronato arrogante e schiavista; della complicità di un governo che nulla ha fatto per impedirlo, anzi; della ridotta capacità di opposizione derivante dall’abiura di alcune organizzazioni sindacali rispetto al proprio mandato di difendere i lavoratori. Ci sono gli abitanti di interi territori destinati ai superguadagni delle organizzazioni criminali che vivono di rifiuti tossici, di movimento terra, di spazzatura non raccolta e non differenziata. Ci sono anche i poliziotti, ben diversi dai picchiatori di Genova, che persino sotto le finestre delle residenze private di B rivendicano la possibilità di poter esercitare la tutela della sicurezza dei cittadini, che il governo sbandiera propagandisticamente mentre di fatto taglia i fondi persino per la benzina. Ci sono i precari di ogni età ai quali il futuro, quando lo hanno, è garantito mese per mese così è ancora più facile ricattarli e sfruttarli. Ci sono gli immigrati, che lo sfruttamento se lo portano dietro da secoli di colonialismo e che oggi vengono persino offesi: svolgono i lavori più duri e pesanti, malpagati e non assicurati, e si sentono dire che ci portano via il lavoro.
Ci sono soprattutto i giovani, gli studenti, delle scuole e dell’università. A loro il futuro è stato negato. Non avranno lavoro, non avranno pensione, già adesso non hanno neppure i muri tra i quali trascorrere ore di storia, di scienze, di cultura, neppure i banchi sui quali appoggiare i gomiti se la lezione è noiosa, neppure la serenità di ringraziare il prof e la prof per gli stimoli offerti alla crescita e all’apprendimento.
Sì, meno male che ci sono anche loro, soprattutto loro, che ancora ci fanno guardare al dopo. Non dobbiamo, non possiamo lasciarli soli. Prove di unità con altri pezzi del Paese le stanno facendo. La politica, la sinistra, la politica della sinistra, cioè la Politica con la p maiuscola, deve essere capace di aiutarli, capace di farlo.
E’ questo il dopo.

Giuliano Giuliani

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