B è stato votato dalla maggioranza degli italiani, continuano a ripetere goffamente i suoi lacchè. Nulla di più falso. Se agli aventi diritto sottraiamo astensioni, schede bianche e schede nulle, risulta che lo hanno votato meno di un terzo dei cittadini italiani maggiorenni. E l’astensione è in ulteriore crescita. Con il trend attuale le schede valide risulteranno a mala pena il cinquanta per cento. Questo è un punto decisivo da valutare per l’iniziativa politica.
Certo, l’astensionismo trova basi solide nella delusione (quasi un eufemismo!) offerta dal comportamento dei partiti, dalla mancanza di prospettive e di certezze e anche dalla proliferazione di messaggi qualunquisti (tutti uguali, nessuna differenza fra destra e sinistra, liste civiche e via blaterando). Ma occorre riflettere che l’astensionismo è più forte proprio nei ceti (una volta avremmo detto nelle classi) popolari, e colpisce quella parte dello schieramento politico che si colloca a sinistra, sia essa quella moderatissima (quasi non sinistra, come gran parte del PD), sia soprattutto quella, in oggi, extraparlamentare (non per scelta, come era una volta, ma per risultato e per effetto del “porcellum”).
Io penso che occorra ripartire da lì. Per farlo, a mio parere, occorrono alcune scelte, vorrei dire alcune precondizioni:
1) una alternativa allo sfascio attuale e al suo principale responsabile (B e la destra) non può prescindere da una partecipazione del principale partito di opposizione, cioè il PD, a meno di non pensare a un’alternativa da realizzare nei prossimi trent’anni;
2) il PD deve essere condizionato, vorrei dire costretto, a esercitare l’opposizione sulla base di scelte programmatiche davvero alternative, e quindi a offrire agli italiani un governo orientato al pieno rispetto della Costituzione e dei diritti dei deboli: ciò può avvenire soltanto se si costruisce una coalizione nella quale la sinistra abbia un peso significativo e, appunto, condizionante;
3) una sinistra cosiffatta può rinascere soltanto se ciascuno rinuncia ad assumere come pregiudiziale la differenziazione ideologica e simbolica (in ogni caso, assai poco significativa oggi nella opinione diffusa, soprattutto delle giovani generazioni) per far emergere invece il rigore e la primazia dei contenuti: lavoro, cultura, diritti, solidarietà;
4) l’elaborazione deve essere quanto è più possibile dettagliata e spiegata, comprensibile, e va misurata con la crescita di consenso che intorno ad essa va sviluppata.
Il progetto, il programma, le priorità, vanno portate a conoscenza dei cittadini con un’azione capillare di volontariato e di contatto che oggi (lo dico con rabbia e mortificazione) viene praticata in molte zone e in molti territori dai leghisti (riflettiamo sul fatto che non sono soltanto i contenuti razzisti e propagandistici a fare della Lega un partito in forte crescita, ma anche, e forse soprattutto, la capacità di stare davvero in mezzo alla gente e l’apprezzamento per un lavoro politico che appare dettato da scelta volontaria e gratuita, anche se poi sappiamo bene di quali porcherie anche i leghisti siano capaci).
Sono solo alcuni spunti iniziali, tanto per avviare un confronto e una discussione.
2 commenti:
Io abito a brescia e purtroppo NON vedo i leghisti in mezzo alla gente non vedo a parte il momento del voto lavoro politico sul territorio MA purtroppo VEDO E SENTO CHE I CONTENUTI RAZZISTI PROPAGANDISTICI a mio parere NAZISTI hanno fatto presa anche tra le persone che non son leghiste E questo e assai triste e pericoloso
Io sono sempre più convinta che il vero problema di questa sinistra (sinistra?) sia la mancanza di un programma.
Anche dal cosiddetto "nuovo che avanza" (Vendola, tanto per fare nomi e cognomi)oltre che nomi, strategie, tattiche, alleanze possibili e no, diatribe su spartizioni di "futuri e possibili" posti ed incarichi, non ascolto.
Mai (o sporadicamente) mi capita di udire parole su un PROGETTO di società, di convivenza, di economia, di lavoro.
Sarò sorda io... :-)
Un caro saluto, A.
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