lunedì 26 marzo 2012

UNA LISTA CIVICA NAZIONALE

La fiducia e la credibilità di cui godono oggi i partiti politici sono ridotte a percentuali risibili. Non è sufficiente, anche se assolutamente legittimo, ammettere che ciò sia sostanzialmente la conseguenza di anni di berlusconismo: non è sufficiente perché quella sfiducia oggi si traduce nel rifiuto della “politica”, di tutta la politica, di ogni politica, con la crescita di forme di protesta qualunquistiche e con tutti i rischi che un paese, privato della risorsa fondamentale per la sua conduzione, cioè la politica, è condannato a correre.
I risultati di molte consultazioni elettorali amministrative hanno tuttavia dimostrato che la costruzione politica di liste civiche, con caratteristiche tali da sollecitare una attenzione non pregiudizialmente negativa da parte delle cittadinanze, è stata in grado di sovvertire quella che resta tuttora la tendenza dominante. Perché non provare allora ad estendere sul piano nazionale quella esperienza, valorizzandone ulteriormente ispirazione e contenuti? E’ quello che ci proponiamo di fare con questo gruppo.
Quali le premesse e i fondamentali che i promotori di questo gruppo intendono sottoporre a quanto vorranno condividere questa proposta? Li riassumiamo qui di seguito.
  1. La lista civica nazionale deve avere un chiaro e indiscutibile contenuto di sinistra, che deve emergere con assoluta chiarezza dai contenuti programmatici e dalla riconoscibilità delle proposte concrete, riassumibili nella prioritaria tutela del più debole rispetto al più forte. E quindi: a) garanzia dei diritti di uguaglianza rispetto alla legge; b) garanzia del godimento dei servizi essenziali per la tutela e la dignità della persona; c) garanzia del diritto alla sicurezza personale e alla scelta della pace; d) garanzia della vivibilità ambientale e del rispetto del territorio in cui viviamo; e) totale laicità dello stato e delle modalità organizzative della società; f) diritto all’informazione e alla cultura; g) libertà di mercato vincolata al rispetto dei diritti e della dignità della persona; h) garanzia del godimento dei beni pubblici; i) riduzione delle spese militari e ritiro dei contingenti impiegati nelle cosiddette “esportazioni di democrazia”.
  2. Tradotti in interventi legislativi e nelle scelte amministrative questi punti devono prevedere:  a) patrimoniale e riduzione delle tasse su lavoro; b) lotta all’evasione, manette agli evasori, lotta alle mafie; c) ripubblicizzazione dei servizi essenziali (istruzione, sanità, trasporti, energia) e abolizione dei contributi alle strutture private operanti nei settori; d) difesa dei diritti del lavoro (salvaguardia dell’articolo 18), abolizione del precariato, nuovo rapporto tra età pensionabile e apprendistato dei giovani; e) ricostituzione di una banca pubblica; f) sospensione dei faraonici progetti delle grandi opere  e utilizzo delle risorse per manutenzione del territorio, energie alternative, riciclaggio rifiuti, rinnovamento edilizia pubblica.
  3. La moralizzazione della politica richiede anche misure specifiche: riduzione del numero dei parlamentari e differenti funzioni per le due camere; riduzione dei compensi di parlamentari e consiglieri regionali (ma anche degli stipendi dei burocrati ai vari livelli); abolizione delle province e riformulazione delle esigenze delle comunità montane; rigidi controlli sulle spese elettorali e sui rimborsi alle formazioni politiche (i rimborsi non vanno erogati se il partito non c’è più!); numero dei mandati (assolutamente non più di due), ma non nel senso 2 qui, 2 là, 2 più in là (due in tutto); composizione delle liste con parità dei sessi e privilegio delle competenze e dei giovani, possibilmente liste sottoposte alla approvazione di assemblee ampie (ovviamente con i controlli necessari in rapporto anche alla consistenza che si immagina di raggiungere: è certamente un punto non facile).