mercoledì 21 settembre 2011

L’ESEMPIO DELLA GAUCHE

Ho avuto modo di sfogliare il programma con il quale il Fronte della Sinistra (Front de Gauche) si presenta alle elezioni presidenziali francesi del prossimo anno. Me lo ha portato Haidi, la mamma di Carlo, che è stata invitata per un dibattito su Genova 2001 alla festa dell’Humanité. Si tratta di un prezioso libretto di una novantina di pagine, che indica in modo molto dettagliato le varie proposte programmatiche: per ciascuna di esse riassume in un riquadro la condizione economica, sociale, politica esistente in Francia che la sorreggono e la rendono necessaria.
L’interesse per la lettura si è immediatamente associato a un po’ di rabbia, perché da noi ciò che più manca alla sinistra è proprio la capacità di dettagliare le proposte, renderle comprensibili, persino allettanti per le persone alle quali intendiamo rivolgerci. E questo è forse il dramma principale della sinistra italiana, perché significa ridursi alla affabulazione, per quanto gradevole sia, o alla nobilitazione dei simboli e dei termini, per quanto rispettabili siano gli uni e gli altri.

Proverò a dedicare qualche pagina del blog al dettaglio del programma della sinistra francese. Comincio intanto dai primi punti. Emblematici.
Il primo punto del programma dice infatti: “suddividere la ricchezza e abolire l’insicurezza sociale”. Come? Fra le misure immediate ci sono: 1) la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore; 2) la fissazione del salario minimo a 1700 euro lordi mensili (da noi equivarrebbero a 1200 euro netti); 3) reddito massimo fissato a 300.000 euro annui; 4) aumento immediato delle borse di studio; 5) blocco degli affitti (più di tre milioni e mezzo di persone sono senza alloggio o dispongono di un alloggio impraticabile); 6) rimborso al 100% delle spese sanitarie; 7) misure immediate contro la precarietà (ci sono 800 mila precari solo nella funzione pubblica).
Per esplicitare la necessità di una redistribuzione della ricchezza, il programma denuncia che negli ultimi cinque anni, in media un individuo ricco ogni diecimila francesi ha visto aumentare la sua ricchezza di 180.000 euro all’anno! E che in cima alla piramide, Liliane Bettencourt ha guadagnato nel 2005 l’equivalente di quindicimila salari minimi (se dovessimo fare i conti di casa nostra, dovremmo dire che s. b. ha accumulato una ricchezza che è pari a più di 500 mila salari netti annui). Bene, quindi, proposte e conteggi che non fanno mai male, anzi chiariscono il contenuto delle proposte.
Come è persino ovvio non può mancare un riferimento al punto uno, la riduzione dell’orario. Si ricorderà che la proposta avanzata da Bertinotti nel ’96 servì solo a far cadere il primo governo Prodi e a consentire nell’ordine i governi D’Alema, Amato, Berlusconi: di male in peggio verrebbe da aggiungere. Ma è giusto sottolineare che fu anche la dimostrazione di una sinistra capace solo di farsi del male, prendendo esempio dal Tafazzi. Tuttavia, oggi, la proposta della Gauche non è fuori dal mondo, anche se la accompagnano alla fissazione dei 60 anni per la pensione.
Qui da noi, dove si parla ogni momento della riforma delle pensioni come risoluzione dei guai economici del Paese, un ragionamento lo si potrebbe persino cominciare a fare. Salvaguardando davvero (e non per finta) i lavori usuranti e le condizioni nelle quali è improponibile un consistente innalzamento dell’età pensionabile, non v’è dubbio che l’aumento della vita media rende poco sostenibili età pensionabili ridotte. Ma è altrettanto vero che la ulteriore permanenza sul lavoro dei pensionandi attuali renderebbe ancora più complicata la immissione nell’attività lavorativa dei giovani. Ecco che allora un mix di riduzione d’orario (a parità di salario) e di aumento dell’età pensionabile potrebbe rappresentare una soluzione accettabile. Il costo andrebbe, finalmente, a carico del profitto, e anche questo non sarebbe male. Contemporaneamente, si potrebbero valutare altre operazioni, ad esempio mezza pensione anticipata e mezzo lavoro, in tutte quelle situazioni nelle quali un aumento dell’età risulta difficilmente compatibile con il proseguimento dell’attività a tempo pieno. O anche altre, avendo sempre come ancoraggio la difesa dei diritti sociali delle persone.
Per oggi mi fermo qui. Però, cerchiamo di fare come i francesi!

lunedì 19 settembre 2011

SILVIUZZO AL CAPOLINEA?

Stamani era praticamente deserto il piazzale davanti al Tribunale di Milano, quando s.b. si è presentato a una delle tante udienze per il processo Mills. C’era solo quella povera vecchietta coi capelli tinti di rosso, che declamava e cantava strofette rivolte alla grandezza del suo idolo. Un segnale eloquente dello sfacelo.
Capolinea vicino, dunque? È sempre, comunque, sperabile. Ma occorre andarci piano. Non solo per la situazione sempre più drammatica che riguarda l’intera Europa, con i cataclismi indotti dalla crisi finanziaria. Non solo per l’inarrestabile degrado morale e civile di un paese che, nonostante la misura fosse colma da tempo, fornisce altri esempi illuminanti ogni giorno. Sono persino riemerse le responsabilità del boss della protezione civile, che era riuscito ad occultarsi per un po’ di tempo, contando forse sul fatto che le sue porcate potevano essere giudicate bazzecole rispetto a quella del capo supremo e di altri suoi accoliti. Non solo per la gravità della crisi occupazionale che minaccia interi territori, vedi a solo titolo di esempio drammatico, la situazione di Termini Imerese.
Un aspetto che a volte, o spesso, si sottovaluta, è che l’assetto dirigenziale, e non solo quello, di istituzioni dello Stato, che sono decisive per le garanzie di tutela democratica, presentano situazioni che si possono definire inquietanti.
Non ci sono solo le condanne a anni di carcere, e soprattutto di interdizione dai pubblici uffici, emesse dalla Corte d’Appello genovese ai vertici della polizia per i fatti di Genova, condanne che attendono il verdetto di legittimità da parte della Corte di Cassazione e che, se quel verdetto sarà come ci si augura positivo, vedrà la decapitazione, a livello nazionale ovviamente, di tutti i più delicati settori operativi della polizia stessa.
C’è la condanna a 14 anni di carcere insieme all’interdizione perpetua, inflitta in primo grado dal Tribunale di Milano al generale Giampaolo Ganzer, capo dei ROS, i reparti operativi speciali dei carabinieri: condanna emessa per traffico di stupefacenti, che ha coinvolto un altro generale e altri alti papaveri, compreso un magistrato che non aveva preso adeguati provvedimenti. Vale la pena ricordare che Ganzer risultava essere il più alto in grado tra gli ufficiali dei carabinieri presenti a Genova nel luglio del 2001.
Ci sono le indagate compromissioni del generale comandante della Guardia di finanza.
Ci sono le denunciate violenze dei Nocs e i comportamenti sempre più inaccettabili di reparti delle forze dell’ordine impegnate in quelle che, beffardamente, si chiamano ancora operazioni di ordine pubblico. E sono comportamenti che dovrebbero allarmare per il clima di impunità che sottintendono.
Insomma, un quadro per niente rassicurante che riguarda, appunto, corpi dello Stato che dovrebbero essere tesi alla tutela e difesa delle regole democratiche.
È sconfortante che l’opposizione parlamentare, e anche quella estromessa dal Parlamento in base al “porcellum” da abrogare, di queste legittime preoccupazioni parlino poco. Che sia necessaria una sveglia?

domenica 11 settembre 2011

I “CASINI” DEL PORCELLUM

Ci fosse ancora bisogno di convincerci che il porcellum va abrogato, ci ha pensato Casini! Infatti Pierferdy ha detto che il referendum è sbagliato e non va firmato, penserà lui a una iniziativa popolare per reintrodurre le preferenze. Traduciamo: il meccanismo resta invariato, al più i “nominati” diventano “suggeriti”, offrendo all’immaginario collettivo la soluzione di quello che, non senza una qualche ragione, è stato presentato come l’aspetto più vergognoso della legge calderoliana.


In effetti, però, l’aspetto più turpe del porcellum sta proprio nel meccanismo, e Pierferdy lo sa bene. Vediamo perché.
Alla Camera c’è la follia del maggioritario senza limiti. Se si presentassero tre partiti, o tre schieramenti, più o meno equivalenti nel consenso popolare, quello più votato si garantirebbe la maggioranza schiacciante dei deputati. Esempio: se due partiti prendessero ciascuno il 33% dei voti espressi e il terzo il 34%, cioè poco più di un terzo, questo partito si assicurerebbe la maggioranza assoluta e ampia dei deputati.
Ma la turpitudine maggiore del meccanismo sta al Senato. Qui non vale il maggioritario, ma il proporzionale, con sbarramento nazionale molto alto, otto per cento (nazionale, per cui, anche se una formazione conquista più dell’8% in una circoscrizione regionale viene comunque escluso dal computo dei senatori). Qual è allora il trucco di Casini? Eccolo: il Terzo polo, cioè il FiCaRu (Fini, Casini, Rutelli), conta, così dicono tutti i sondaggi, su un consenso elettorale ben superiore all’8 per cento, e con la situazione attuale dei due maggiori schieramenti di destra e di centrosinistra al Senato non ci sarebbe maggioranza possibile senza il Terzo pol(l)o. E’ chiaro? Viva il porcellum, pensa Pierferdy, così diventiamo condizionanti e chi vince alla Camera deve comunque fare i conti con noi al Senato. Geniale, non è vero?
Auguri a chi la beve e continua ad avere dubbi sulla necessità, comunque, di andare a firmare per l’abrogazione del porcellum!

martedì 6 settembre 2011

PRIMO: ELIMINARE PORCELLUM

Ci sono esitazioni e perplessità, e anche aperte opposizioni, sulla validità del referendum indetto per abrogare l’attuale legge elettorale. “Porcellum” è la famosa definizione data da Calderoli, suo ideatore, e basterebbe questo a far considerare più che valida l’idea del referendum. Ma a volte ci si dimentica che il porcellum ha riprodotto se stesso in fotocopia in un bel numero di parlamentari che nessun elettore ha scelto attraverso le preferenze, ma che sono stati direttamente nominati dal capo (in certi casi meglio dire capobanda) in base alla collocazione nella lista elettorale. Altrimenti gente del calibro di Scilipoti, Crosetto, Romano, Calearo, tanto per fare un po’ di nomi by-partisan, la soglia non l’avrebbero mai varcata.

Ora, non ci può essere dubbio che la legge porcata debba essere abrogata. E la raccolta delle firme (occorre un grande sforzo, perché ne vanno raccolte più di cinquecentomila entro il 30 settembre) ha un significato che va al di là dello stesso risultato numerico nella raccolta: indica cioè la volontà di cambiare legge elettorale.
Da dove derivano perplessità ed esplicite opposizioni? Dal fatto che, se il referendum, una volta raccolte le firme necessarie, ottenesse quorum e maggioranza il porcellum verrebbe cancellato ma al suo posto resterebbe in vigore il mattarellum, dal nome del suo ideatore, Sergio Mattarella, ex dc. Il mattarellum  prevede la elezione della maggior parte (75 per cento) dei parlamentari in collegi uninominali: 472 deputati e 236 senatori, i rimanenti con distribuzione proporzionale in base ai voti raccolti dai singoli partiti, con sbarramento del 4% su base nazionale. Ora, l’opposizione più forte al referendum, e quindi alla possibilità che torni in vigore il  mattarellum, proviene da una parte dell’attuale sinistra extraparlamentare, cioè esclusa dal parlamento per colpe proprie e per il meccanismo maggioritario del porcellum. Tuttavia, uno sbarramento va previsto in qualunque sistema proporzionale, per evitare quella follia delle decine e decine di liste e per costringere, soprattutto a sinistra, a contenere l’altra follia, quella della divisione a cascata per gruppi e consorterie e mai per autentiche e sincere definizioni programmatiche (sia ricordato fra parentesi che siamo giunti, in Italia, alla costituzione del dodicesimo partito comunista, roba da 118!).
Aggiungo un’ultima considerazione, che non vuole suonare a difesa del mattarellum ma che può aiutarci a capire qualche problema concreto dell’oggi. Quel sistema due cose positive le aveva. La prima: in ogni collegio elettorale (la dimensione, per i deputati, era un bacino di circa 100 mila elettori) i partiti presentavano un solo candidato (collegio uninominale, appunto) e il valore della persona faceva premio sulla stessa bontà della proposta politica del partito o della coalizione. Oggi non sarebbe affatto male, vista la degenerazione morale che riguarda la politica e le principali forze politiche presenti. La seconda: la candidatura poteva essere presentata in un solo collegio, e ciò garantiva in qualche modo la notorietà del candidato nel collegio (e quindi un qualche controllo aggiuntivo sulla sua personalità e sulla sua moralità; l’obiezione che così si facilitava l’elezione del capomafia nel collegio mafioso mi pare idiota, perché quel rischio lo elimini solo eliminando la mafia) e anche una assidua presenza in caso di elezione. Non vorrei che l’opposizione al mattarellum nascesse dalla preoccupazione di non avere un numero sufficiente di persone presentabili!
Insomma, non mi convincono le perplessità e le opposizioni e quindi vado a firmare per il referendum e invito a fare altrettanto.

domenica 4 settembre 2011

DI M…. NON È IL PAESE, SONO LORO!

Oggi RAI3 ha mandato in onda “Nuovo Cinema Paradiso”, un bel film con un pezzo di storia del paese. In una scena minore Totò, il protagonista bambino, cerca di suggerire al Boccia quanto fa cinque per cinque. Ma il Boccia, che di tabelline proprio non se ne intende e che ha già preso bacchettate dalla severa maestra, non è neppure molto arguto: Totò gli fa vedere l’illustrazione di un alberello ornato di candeline e carta d’argento e il Boccia dice: “Natale”, prendendosi un’altra bacchettata!


Ecco, la banda cialtrona non conosce neppure le tabelline, figuriamoci l’arguzia. E lo si capisce dai continui ritocchi alla manovra. Sempre più scandalosi. Ha ragione B, ma ha sbagliato soggetto: di merda non è il paese, sono loro! Anche nel film uno lo dice riferendosi al paese, ma si tratta di un lavoratore costretto ad emigrare dalla Sicilia in Germania per trovare lavoro (e al figlio che saluta i compagni di scuola uno di essi, figlio di un notabile, rifiuta di stringergli la mano perché il padre emigrante è comunista).
Uno dei peggiori componenti della banda, il Sacconi (tralasciando il contenuto), che è stato fischiato al convegno delle ACLI dopo aver giudicato “bastardi” gli anni settanta, ha dovuto rinunciare ad alcune delle sue oscene proposte: le feste civili più significative della storia italiana restano, i riscatti di leva e università saltano; adesso si dovrà rimettere nel contenitore l’attacco ai diritto e all’articolo 18 (tanto più necessaria una vera partecipazione di massa allo sciopero indetto dalla CGIL per martedì prossimo). L’assalto alle cooperative ha dovuto essere ridimensionato, perché a parlarne contro si è levato anche il ministro degli esteri di un paese estero, il Bertone, segretario di stato del Vaticano. Naturalmente la misura è rientrata per le cooperative bianche, quelle del bianco fiore, mentre è tuttora in vigore per quelle “rosse”, qualche soddisfazione al Sacconi bisogna pur lasciarla.
Improvvisamente salta fuori che si possono ricavare quattro miliardi di euro obbligando tutti quelli che hanno goduto del condono del 2002 a pagare il dovuto, cosa che moltissimi ancora non hanno fatto. E se ne accorgono soltanto adesso? Prima non lo sapeva nessuno? Siamo al deliro. Quattro miliardi sono gran parte dei tagli agli enti locali, che come è noto colpiscono soprattutto i deboli, o più dell’aumento di quasi due punti dell’IVA, che come è noto avrebbe colpito ancora una volta i meno abbienti. Si capisce perché se lo erano scordato: sono usciti i dati sulle denunce dei redditi, e risulta che in Italia sono meno di ottocento individui quelli che denunciano più di un milione di euro, e una decina di migliaia quelli che denunciano più di mezzo milione. Insomma, Marchionne, un centinaio di calciatori e pochi altri. B non è in causa, lui i soldi li usa per fare beneficenza, quasi un milione all’approvvigionatore di escort, ma mica per paura di ricatti, non scherziamo, per pura generosità! E Angiolino Al Fano ci racconta che lo vogliono ripresentare come premier nel 2013! C’è quasi da sperare che Nostradamus abbia una qualche ragione!