Grazie a RAI NEWS abbiamo conosciuto in diretta i
punti della manovra di Monti e la conferma che è proprio necessario CAMBIARE PROGRAMMA. Ma non nel senso di
non guardare martedì quella schifezza di P a P.
La manovra del governo di salvezza nazionale è proprio
indigeribile. Perché? Perché l’equità più volte ricordata come uno dei
fondamentali principi ispiratori della manovra non c’è affatto. I ricchi non
pagano, persino quell’uno e mezzo per cento di tassa aggiuntiva sui furti di
danaro all’estero che B e il suo ministro avevano graziato con lo scudo è
insignificante rispetto alla mannaia che si abbatte su milioni di pensionati
con la deindicizzazione delle pensioni: salvano quelle sotto i 960 euro lordi
mensili, come se quelli che stanno un po’ sopra possano considerarsi
benestanti. C’è stata persino la cerimonia delle lacrime del ministro mentre
annunciava la misura accreditandola col termine di “sacrificio”. Una misura
oscena che ha assunto le pensioni, presenti e future, come fonte per fare
cassa. Una scelta vergognosa.

La lotta all’evasione si riduce a una tracciabilità
sopra i mille euro, non proprio la spesa dal panettiere o dal lattaio. Poca
cosa la estensione dell’imposta di bollo sulle transizioni finanziarie. Nulla
invece sulla assimilazione ai redditi da lavoro di tutte le altre fonti di
reddito, e in primo luogo di quelle finanziarie, che restano tassate al 12,5%.
E pura fantasia l’aumento ventilato delle aliquote IRPEF sui redditi oltre i
75.000 euro (non proprio una pensione minima!). La destra non lo permetteva.
Domanda: perché il centro-sinistra dovrebbe permettere tutto il resto?
Ma la cosa più indisponente della presentazione è
stata la farsa sulla riduzione delle spese della politica, compresa la
dichiarazione di Monti sulla rinuncia all’assegno del premier, visto che, ai
suoi redditi, si è aggiunto lo stipendio da senatore. Come dire: guardate come
siamo bravi, non siamo politici, siamo solo tecnici. E i gonzi ci cascano. E
adesso tutti parlano della riduzione dei costi della politica perché nella
manovra ci sarebbe anche la riduzione a 10 del numero dei consiglieri
provinciali (per altro già contestata come anticostituzionale dall’Unione delle
Provincie). Un’altra bufala. Cento provincie in Italia, significherebbe ridurre
il numero complessivo dei consiglieri di circa duemila unità. Se anche lo
stipendio fosse di 100.000 euro annui ci sarebbe un risparmio di duecento
milioni di euro all’anno. Ridicolo rispetto ai 30 miliardi aggiuntivi della
manovra.
Insomma, propaganda pura. Si direbbe molto politica,
per stare al tema, e per niente tecnica. Chissà se lo si capisce!