Corro
volentieri il rischio di farmi piovere addosso giudizi molto critici e
impietosi, ma penso che, a fronte del marasma politico sempre più accentuato,
ciascuno abbia il dovere di correre anche questi rischi.
E’
sempre più chiaro, lo sostengono anche esperti di economia che non scelgono
come mestiere complementare di essere servi del potere, che la crisi ha come
unico responsabile, e anche unico usufruttuario, la grande finanza: cioè quel
mondo di ricchi, faccendieri, alti manager, banchieri, erroneamente gratificati
ancora dell’epiteto di capitalisti (magari lo fossero, verrebbe da dire), che
speculano allegramente sui bond, sullo spread, sulle azioni, sulle alterne
giornate di borsa, sui prestiti, sui movimenti di denaro che non producono
nulla, se non il loro sfacciato e schifoso continuo arricchimento. La
principale responsabilità della crisi è, al di fuori di ogni ragionevole
dubbio, della finanza, che in questi ultimi due decenni ha progressivamente
sostituito il capitalismo industriale: un esempio tipico di questo degrado è il
“marchionismo”: a quel manager, da 15 mila euro al giorno più i guadagni
azionari e le stock option, non frega niente il cosa e il come produrre,
interessa soltanto che i suoi investimenti azionari qua e là nel mondo
accrescano la ricchezza sua e dei suoi complici. E naturalmente, il “progetto”
generale, se così lo possiamo chiamare, è sostenuto dalle banche, che hanno qua
e là nei governi, a cominciare da quello italiano, loro si dice autorevoli ma
sicuramente furbi rappresentanti.
Al
potere delle banche contribuiamo in molti. Ogni pensionato che ha magari
versato sul conto la propria liquidazione, e cerca, se ci riesce, di non
intaccarla in previsione di esigenze future, sempre possibili con l’avanzare
dell’età. Ogni lavoratore che è costretto ad aprire un conto per ricevere il
salario o lo stipendio (con la scusa, per altro persino giusta, della
tracciabilità oggi tutto ciò che supera i mille euro deve passare da una
banca). Ogni cittadino che chiede un mutuo per comprare o anche solo
ristrutturare la casa (sempre che si annoi con il posto fisso). Sulle giacenze,
a parte qualche illusoria pubblicità, non ti danno nessun interesse, in più
paghi salata ogni operazione che sei costretto a fare. E con quei soldi fanno
quelle che vogliono, cioè il finanziamento delle operazioni finanziarie che
ingrassano i ricchi sempre più a danno di quelli che non lo sono affatto. E
cerchiamo di convincerci che quei soldi sono davvero tantissimi: per fare due
conti della serva, una giacenza media di 10 mila euro per un esercito di 20
milioni di cittadini (pensionati oltre una certa soglia, una discreta fascia di lavoratori dipendenti
e un po’ di piccolissimi commercianti e artigiani onesti contribuenti, cioè
quella che oggi, su esempio americano, si chiama impropriamente classe media)
fa 200 miliardi di euro, non una bazzecola. Tutta a disposizione degli
interventi truffaldini della banda.
Allora,
per non farla troppo lunga, vogliamo provare a lanciare una proposta che
potrebbe cercare di modificare alle fondamenta questa situazione? Ci provo.
Occorre ritornare alla banca pubblica. E non sarebbe necessario neppure lo
strumento della nazionalizzazione. Basterebbe sopprimere la clausola di legge
che garantisce a carico dello Stato le giacenze inferiori ai 100 mila euro e
invitare quindi (e in una fase di crisi non sarebbe certo difficile) a spostare
i propri conti corrente dalla banda privata attuale a quella di Stato. Con due
codicilli: il primo, che la banca pubblica si impegni ad assumere i dipendenti
(sotto il livello dei manager, ovviamente!) che la banca privata, costretta a
chiudere, licenzierebbe (in questo caso con giusta causa!); il secondo, che il
controllo della banca venga affidato a consigli eletti direttamente dai
correntisti, almeno fino a quando non sia possibile ripristinare una corretta
fiducia nelle rappresentanze politiche e istituzionali.
Che
ve ne pare? Follia? Certo, poi ci sono le esigenze della pace, della
sospensione degli armamenti, gli F32, la umanizzazione delle carceri, la difesa
del territorio, i beni comuni. Certo. Ma per finanziarie le opere necessarie a
far ritornare il paese al livello minimo di civiltà occorrono soldi, e fino a
che il controllo di quei soldi lo hanno i banchieri e i loro complici è persino
ovvio che i soldi vadano a finire da un’altra parte.
Se
a qualcuno sembra che tutto ciò non sia una follia, potremmo provare ad aprire,
come si chiama, una pagina o un gruppo su FB, provare a contare quanti si
riterrebbero sufficientemente d’accordo e poi, ovviamente, migliorare il tutto.
Io non ne sono capace, se qualcuno vuole rischiare!
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