A volte mi capita di
ricordare che il non essere credente non mi impedisce di nutrire grande
rispetto e stima per l’uomo Gesù, al quale le offese provengono invece numerose
dai suoi cosiddetti fedeli. Fra le convinzioni che i messaggi di Gesù (almeno
per come sono stati riportati) hanno consolidato c’è quella che riguarda la
ricchezza. Ricordate, Matteo? “In verità vi dico: difficilmente un ricco
entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi
per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli.” Secondo la
tradizione, non si entra nel regno dei cieli se si è in peccato: quindi essere
ricchi induce al peccato, o è di per sé un peccato. Quindi, traducendo laicamente
il termine peccato, la ricchezza è un reato.
Ecco, appunto, la ricchezza è
un reato. Lo è quasi sempre per le modalità con le quali se ne è venuti in
possesso, oppure per come la si usa (sempre le due tipologie si intersecano e
si sommano). La questione è che si tratta di un reato non previsto, ancorché sufficientemente
diffuso, nel codice penale e quindi non perseguibile con gli strumenti della
giustizia. Potrebbe essere colpito dalla politica e dalla democrazia, ma i
governi democraticamente eletti (o demoformalmente nominati) se ne guardano
bene, come fanno del resto le forze politiche che rappresentano la maggioranza
degli elettori. Si può aggiungere, come postilla minore, che se ne guarda bene
anche il furente demagogo che sta dominando le scene televisive: d’altra parte
non lo si potrebbe pretendere da un miliardario (in lire, dato che lui stesso
propone l’uscita dall’euro).
Solo una ruvida e robusta
presa di coscienza da parte della cittadinanza attiva potrebbe affrontare la
questione e provare a risolverla, anche senza essere costretti a cacciare i
ricchi dal tempio a pedate nel sedere (e qui al tempio si possono aggiungere i
tanti luoghi nei quali la sfrontata ricchezza si esercita). Ma sembra purtroppo
che gli interessi delle masse, nonostante la pesantezza della crisi e le
difficoltà crescenti, siano rivolti altrove (tra gli esempi, le cronache ci
informano della crescente e diffusa richiesta di i-pod e tavolette
elettroniche, o come diavolo si chiamano).
Certo, occorre definire la
misura e la fattispecie del reato. Sul punto, basterebbe ricorrere a una
semplice operazione aritmetica e alla memoria di una condizione privilegiata
del secolo scorso, come è stato ricordato recentemente in relazione alle
vicende Fiat: il grande capo della fabbrica torinese, Valletta, guadagnava
trenta volte il salario di un operaio, e la Fiat cresceva e vendeva automobili.
Oggi sarebbero circa quarantamila euro, non i 450.000 (stock option a parte)
del furbetto svizzero-canadese, che la Fiat la sta distruggendo, massacrando
prima di tutto i lavoratori.
Sembra troppo un rapporto 1 a
30? Via, non facciamo i soliti estremisti mai contenti. Cominciamo così, poi si
vedrà. Soprattutto cerchiamo di capire che quel rapporto cancellerebbe una
delle più vergognose storture di questa semidemocrazia, il fatto ciò che negli
ultimi anni il 20% della ricchezza prodotta si è spostata dal 90% della
popolazione per andare a finire nelle tasche del 10% più ricco, aumentando
quindi le differenze e le disparità. Aumentando il numero dei reati, quindi,
dovremmo dire.
Una delle strade più pacate,
ma anche ferocissime contro la ricchezza, è quella della tassazione (combinata
ovviamente con una rigorosissima lotta all’evasione). Le aliquote fiscali
attuali, nella loro conseguenza diretta, sono da un lato massacranti e
dall’altro ridicole. Il massacro sta nel modo in cui colpiscono i redditi più
bassi (i veri portatori, per altro, delle entrate dello stato); il ridicolo
nell’aver fissato lo scaglione più alto a 75.000 euro lordi annui e l’aliquota
massima al 43%. Cioè, la cialtroneria non ha limiti: la ricchezza, per i
banchieri e per chi li ha preceduti al governo, è rappresentata da un reddito
lordo di circa 7 mila euro al mese, un netto poco sopra i 4 mila. Vogliamo
ricordare a questi imbroglioni che i governi “comunisti” di Fanfani e Moro e
ministri “trotzkisti” come Vanoni avevano stabilito un’aliquota del 75% per i
redditi superiori a 500 milioni? Naturalmente tutto ciò servirebbe a ridurre le
tasse sui bassi redditi e, facendo ritornare la domanda, facilitare anche la
cosiddetta crescita (con tutte le cautele culturali e ambientaliste del caso).
Questo per stare dentro una
logica di governo assolutamente liberal-democratica. Poi si potrebbe cominciare
a discutere del resto.
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