lunedì 6 dicembre 2010

Sconfiggere l’astensionismo

L’affluenza alle urne è in calo continuo: se si sottraggono anche le schede bianche e quelle nulle la partecipazione reale al voto è oggi di poco superiore al 50 per cento, cioè esprime un voto soltanto un elettore su due. Superfluo aggiungere che l’astensionismo favorisce, specie in presenza della attuale legge elettorale che prevede un fortissimo premio di maggioranza, la coalizione che raccoglie il più alto consenso relativo (cioè, per chiarezza, anche se non raccoglie la maggioranza assoluta dei voti espressi, insomma il cinquanta per cento più uno), come è avvenuto anche nella consultazione elettorale del 2008.

Se si vanno a vedere i risultati disaggregati (seggio per seggio, quartiere per quartiere, zona per zona) emerge che l’astensionismo colpisce incomparabilmente di più lo schieramento di centrosinistra e soprattutto le forze politiche che si collocano alla sinistra del Partito democratico, ed è maggiore nelle zone e nei quartieri dove più consistente è l’insediamento popolare. E’ ovvio che questo astensionismo deriva principalmente dalla delusione, in molti casi persino dalla rabbia, provocata negli elettori di sinistra dalla debolezza crescente della proposta e dell’agire politico; delusione e rabbia alle quali contribuiscono non poco le continue geremiadi qualunquistiche di alcuni cosiddetti promotori del rinnovamento. Ma qui voglio proporre intanto una valutazione puramente aritmetica, per individuare quello che mi sembra un indispensabile terreno di iniziativa.

Allora, diamo un po’ di numeri. Gli aventi diritti al voto sono in Italia circa 45 milioni. Se, come detto più sopra, esprime un voto il 50% degli aventi diritti, significa che votano di fatto 22 milioni e mezzo di aventi diritto. Autorevoli sondaggi di questi giorni danno la somma delle principali forze politiche a sinistra del Partito democratico (SEL e Federazione della sinistra) intorno al 10 per cento (questo dato è sufficientemente garantito perché andrebbero aggiunte anche le frazioni decimali di altri raggruppamenti di sinistra presenti nelle consultazioni). Si tratterebbe cioè di 2 milioni e duecentocinquantamila voti. Immaginiamo di riuscire a convincere un 10% di astensionisti a smetterla di favorire la banda di B e a scegliere invece di condizionare davvero da sinistra l’opposizione del Partito democratico. Ci sarebbero altri 2 milioni e duecentocinquantamila voti che andrebbero ad aggiungersi a quelli previsti dai sondaggi, e la sinistra supererebbe il 18% dei consensi, una forza rispettabile. Basterebbe cioè che ogni votante attuale riuscisse a convincere un astenuto.

La politica non si fa con i numeri ma con le idee, sento già i fischi e i rimbrotti. Ne sono pienamente consapevole, ma è proprio quell’ultima considerazione: “basterebbe cioè che ogni votante attuale riuscisse a convincere un astenuto” a rappresentare una modalità imprescindibile oggi. Usciamo allora dai numeri per riprendere qualche voglia di militanza che una volta esisteva. D’altra parte se non fossimo capaci di farla rivivere in qualche modo, anche adattandola ai tempi dell’oggi, diventerebbe sempre più vuota la speranza di ricostruire la politica (e la sinistra) dal basso.

E’ questo il senso di quella freccia, che punta a sinistra, ma proprio dal basso verso l’alto.

Nessun commento: