Fra
i giornali che si stampano in Italia la
Repubblica non è certo il peggiore, però non può certo sottrarsi agli
interessi del suo editore, che quanto a finanza non scherza. Così, giovedì
scorso, titolo di prima pagina: “Crollano le borse”.
Ohibò,
non è la prima volta. E allora andiamo a vedere nel merito, come sempre con i
numeri, abbiate pazienza. Listini della Borsa di Milano di lunedì 21, martedì
22 e mercoledì 23, il giorno del crollo. Prendiamo qualche titolo: Benetton
4.586, 4.600, 4.582; Carige 0,657, 0.740, 0,705; Eni 15.370, 15.900, 15.340;
FIAT 3,638, 3,870, 3,878; Generali 8,565, 8.875, 8,490; Impregilo (quella del
ponte sullo stretto) 2,978, 3,156, 3,018; Mediobanca 2,986, 3,100, 2,960; Monte
dei Paschi 0,216, 0,230, 0,213; Intesa San Paolo 1,024, 1,071, 1,024; Unicredit
2,478, 2,620, 2,536. Insomma, titoli che, dopo il rialzo di martedì, ritornano
praticamente ai valori di lunedì, in alcuni casi superandoli. E’ da notare che
nessun giornale - quindi neanche Repubblica
- riportando mercoledì i valori borsistici di martedì avevano titolato “Boom
della borsa”, neppure un timido “Lieve recupero”, come usano fare quando gli
affari dei finanzieri e dei banchieri di riferimento vanno benissimo.
La
questione davvero seria è che l’andamento delle borse viene assunto come prova
della “fiducia” o “sfiducia” dei mercati. Ci si dimentica che, sostanzialmente,
in Borsa si gioca, eufemismo per dire che si specula, e che si compra e si
vende determinando con il più semplice effetto dell’incontro tra domanda e
offerta il valore in quel momento del titolo, molto spesso senza nessun
riferimento al valore reale dell’impresa che rappresenta (è palese il caso
FIAT: nonostante i disastri e la macelleria umana di Marchionne è cresciuto
anche giovedì, arrivando 4,048: ma forse è proprio per la macelleria umana che
i cosiddetti mercati lo premiano). Va tenuto presente che spesso, a riprova
della sostanziale logica speculativa, si vende senza possedere realmente i
titoli, per far abbassare il valore e comprarli a una quota inferiore (poi ci
sarebbero regole per impedirlo, ma vai ad applicarle!).
In
queste operazioni girano quantità incredibili di denaro, miliardi di euro:
tant’è che quando c’è un calo del valore dei titoli sui giornali scrivono a
tutta pagina “Bruciati centinaia di miliardi di euro”, e si guardano bene dal
dire che il giorno dopo, quando il valore risale, si sono ricomposte le ceneri.
E
allora un rimedio ci sarebbe per dire basta a questi giocatori d’azzardo, a questi
speculatori, a questi affamatori delle imprese oneste (qualcuna ce n’è), a
questi infingardi sfruttatori della buona fede altrui: ridurre le pensioni
sociali, licenziare un po’ di tempi indeterminati, aumentare la precarietà.
Insomma, impedire che pensionati al minimo, precari, disoccupati e
cassintegrati continuino a giocare in borsa, rovinandoci la tranquillità e
mettendo a rischio la solidità del paese e dei mercati!
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