sabato 26 febbraio 2011

BUNGA BUNGA E TASSE

Barbie mostra il culo sul calendario.
Ci vuole filosofia per mettere insieme sulla stessa pagina il tempo che scorre e un corpo perfetto. Quella Barbie può essere una bionda maggiorata come nei calendari dei carrozzieri o una roscia anoressica come in quelli griffati che regalano ai manager.
Su quello che sta in sala break nel call center c’è una mora che è diventata ministro. Un culo lucido, tondo. Senza mutande anche a dicembre e gennaio. L’eterna primavera su tutte le pagine. Perché non c’è riferimento al mese stampato sotto alla foto. Non gli mettono il cappotto e il cappello nei mesi invernali. Quel culo ti dice “io sono Barbie, sono di plastica lucida. Sono carta patinata. Non invecchio e non muoio. Non guardare sotto di me, non farci caso ai giorni che passano. Il tempo non esiste più. Il culo ha sconfitto la morte.”
Gli uomini guardano il calendario e piano piano smettono di fare caso ai mesi che se ne vanno via un giorno alla volta. Nel tempo immobile e patinato imparano a guardarti con la bava alla bocca. Basta la lampo dei pantaloni calata, quella che gli uomini chiamano la bottega aperta. Una donna sta in fila alla cassa del supermercato, non si è accorta che le è calata la lampo e l’uomo la guarda come il ministro sul calendario. Una donna si flette sul carrello della spesa per appoggiare le uova e l’uomo la guarda nella scollatura. Ci guarda pure se ha la maglietta a girocollo. Non si sa mai.
… Una donna si piega a raccogliere la lista della spesa tra le corsie del supermercato e l’uomo le guarda nel girovita dei pantaloni. Una donna vestita di scuro, un abito semplice, sportivo, sobrio, la maglietta si alza, i jeans si abbassano e si scopre ‘na mutanda fucsia. L’uomo guarda. È uno sguardo apparentemente distratto, come quello che concede agli ingredienti del cacao solubile. Ma dentro al suo cervello sta già sbavando. E magari pensa che “questa donna è una un po’ mignotta”.

È un brano de La lotta di classe di Ascanio Celestini. Credo che rappresenti bene non una ipocrita torsione moralista ma invece una modalità alla quale una modernità male intesa ha dato impulso col trascorrere del tempo, fino al recente trionfo del bunga bunga. Trionfo sì, perché non c’è più limite. È di questi giorni l’invito di B alla sinistra di praticare ogni tanto o spesso quella voglia di divertirsi (e di superare ogni tanto le tristezze della politica e della vita quotidiana) che sarebbe il bunga bunga nella versione edulcorata che B contrappone alla evidenza, come emerge dalle carte dell’inchiesta. E non c’è solo questo. C’è il culo della ministra mora, che riporta a uno degli esempi principe dell’uso della politica nella concezione berlusconiana e, ovviamente, alla considerazione che della donna ha la destra al governo. Alla base di tutto ciò c’è una sola cosa: la potenza della montagna di danaro che B ha accumulato in pochi anni, poco più di trenta, cosa di per sé già straordinaria e incredibile, e anche pericolosa, come dimostrano le vicende di uno dei suoi migliori amici.

Bunga bangkai (Amorphophallus titanium)

È notizia di ieri: la rendita finanziaria di B ha raggiunto l’anno scorso la sommetta di 165 milioni di euro, l’equivalente del reddito netto di tredicimila operai. Notava giustamente Concita De Gregorio sull’Unità che quella montagna di reddito (senza aggiungere quelle che competono alla figliolanza) è tassata, in base alle folli regole in vigore, al 12,5%, mentre il reddito di un lavoratore è tassato mediamente al 25%.
Aggiungo qualche esplicitazione. Se la sommetta di cui beneficia B fosse considerata come qualunque altro reddito e non come rendita finanziaria, in base alle regole attuali tutta la parte eccedente 75.000 euro (che nel caso di B sono impiegati nell’acquisto dei preservativi, specialmente dopo la telefonata di una di quelle povere ragazze che si felicitava di non aver contratto l’AIDS) verrebbe tassata al 43%. Cioè B dovrebbe pagare, oltre quello che paga oggi, più di 50 milioni di euro. Col mille proroghe hanno tolto all’assistenza oncologica 5 milioni. Per i danni dell’alluvione in Liguria dovrebbero arrivare 100 milioni di euro. Con 50 milioni di euro si potrebbe aumentare di 100 euro mensili la pensione sociale di quarantatremila pensionati poveri, ecc., ecc. E al povero B rimarrebbero comunque novantaquattro milioni di euro da godersi, cioè quasi 8 milioni di euro al mese, cioè 270 mila euro al giorno, cioè più di diecimila euro all’ora, comprese ovviamente quelle notturne che sembrano, per B, le più impegnative.
Che ne pensate?

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